Intervento di Alfio Bassotti all’incontro delle zone di Jesi e Falconara del 18 novembre 2001 svoltosi presso il salone della parrocchia S. Massimiliano Kolbe di Jesi.

settembre 12th, 2009

Intervento di Alfio Bassotti all’incontro delle zone di Jesi e Falconara del 18 novembre 2001 svoltosi presso il salone della parrocchia S. Massimiliano Kolbe di Jesi.

 

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Cari amici,

 

Il direttivo dell’associazione ha deciso, come avete ascoltato dal nostro presidente Mastri,  di dare continuità all’attività della nostra associazione che dovrà muoversi su tre direttrici:

-  quella organizzativa e di proselitismo;

-  quella di laboratorio politico che dibatte ed illustra la tematica sul divenire della Comunità   europea o forse meglio ancora degli stati uniti di Europa;

- quella di aggregazione delle forze cattoliche e liberal democratiche impegnate in politica;

 

Certo, non vi nascondo, cari amici, che in questo periodo, spesso, e forse anche troppo spesso, ho continuato a domandarmi se valeva veramente la pena riunire gli amici e cercare di ritornare tra la gente per parlare di valori, per cercare insieme di indicare nuovi e validi esaltanti obbiettivi da perseguire, per tentare di disegnare insieme strategie possibili, per cercare di alimentare insieme rinnovate e nobili speranze.

Mi sono domandato, cioè, se vale la pena tornare ad impegnarsi, a fare politica cercando di volare alto in un mondo così pieno di contraddizioni ove il tornaconto e l’egoismo, troppo spesso, la fanno da padroni.

Questi interrogativi me li sono posti, badate bene, anche con la consapevolezza di chi ha personalmente pagato in modo molto pesante l’ esperienza di una intera esistenza dedicata al servizio della propria comunità: ad esser sinceri  si potrebbe anche dire che molti di noi questa responsabilità l’hanno pagata sangue: ragione per cui ai reiterati inviti ad impegnarsi nuovamente verrebbe naturale rispondere “ grazie, ma abbiamo già dato in abbondanza”.

 

Ma, essendo noi coscienti della nostra piena e libera  appartenenza comunitaria, non possiamo certamente estraniarci da quanto matura nel convivere sociale facendo finta di non sentire o di non vedere quello che ogni giorno si manifesta  intorno a noi; così come  non possiamo far finta che tutto ciò non ci riguardi per il semplice fatto di aver  subito ingiustizie, o perché siamo stati scherniti e vilipesi, o perché abbiamo subito ricatti e persecuzioni: cosicché pensiamo che isolandoci ed estraniandoci risolviamo il problema senza accorgersi, così agendo, che di fatto gettiamo la spugna e ci arrendiamo.

Sarebbe questo un terribile errore poiché  è evidente che verremmo meno non solo alla nostra personale dignità ma anche al vincolo di rendere sempre e comunque testimonianza alla verità!

 

Aveva ragione, invece, Madre Teresa di Calcutta che esortava: “ fai del bene, riceverai del male! Non importa continua  a fare del bene!

 

Ed illuminante è in proposito il Vangelo secondo Matteo capitolo 2 (quello delle beatitudini tanto per intenderci) versetti 6- 10 –11 che recita:

 

“ 6 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,

     perché saranno saziati.

 

10 Beati i perseguitati per causa della giustizia,

     perché di essi è il regno dei cieli.

 

11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.

 

Tutto questo cari amici ho desiderato sottolineare per affermare come il tempo della riflessione sull’opportunità o meno di dare vita a questa iniziativa sia già alle nostre spalle e come,  invece, sia giunto il tempo di costruire una decisa  azione sostanziata di attività, di presenza e di divulgazione degli obbiettivi della nostra associazione: attività iniziata, dopo la costituzione in questa sala della nostra associazione con un incontro in luglio degli amici di Jesi a cui a fatto seguito  ad ottobre l’incontro degli amici della Zona di Senigallia, ed oggi delle zone di Iesi e di  Falconara per proseguire poi, prima di Natale, con quelle di Ancona, di Osimo e di Fabriano.

Al termine di questo percorso ci ritroveremo tutti in un incontro provinciale, che con tutta probabilità terremo a Montignano nel teatrino di Don Pietro, per proseguire poi con la realizzazione di tutti i convegni programmati.

 

E non ci fermeremo certamente qui perché siamo determinati ad allargare questo discorso a tutti gli  amici di altre province  che stanno dimostrando interesse per questa iniziativa

Fatta questa premessa , non desidero perdere altro tempo in preamboli.

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Vorrei, innanzitutto, affrontare in questo incontro, in modo sintetico,  la problematica che mi è stata affidata schematizzandone alcuni connotati che saranno oggetto di successivi approfondimenti in convegni specifici che, come è noto, accompagneranno la nostra attività sino alle prossime elezioni europee; vorrei, inoltre, cogliere l’occasione  per concludere il nostro argomentare con alcune valutazioni che attengono l’attualità  politica visto che, non vivendo noi sulla luna, dobbiamo realisticamente prendere atto del contesto sociale e politico in cui ci troviamo temporalmente ad operare  valutandone gli aspetti più significativi.  

 

Parliamo, ora, un po’ di questa Europa per mettere in evidenza come noi la vorremmo e come purtroppo essa è.

 

Bene, cari amici, diciamo subito che, questa Europa, così come è,  non ci piace proprio.

 

-         Non ci piace perché le sue decisioni vengono prese sulla base di una estenuante mediazione tra gli stati membri: una mediazione, quasi sempre frutto della prevaricazione degli stati più forti che, come l’Inghilterra, la Francia e la Germania, formano di fatto un vero e proprio direttori che impone sostanzialmente, anche in barba alle risoluzioni del parlamento europeo, a tutti gli altri le loro decisioni.

 

-         Non ci piace questa Europa la cui sua attività necessita di una estenuante mediazione politica che impedisce di pervenire al varo di chiari ed efficaci regolamenti che, ancorché varati, non diventano veramente operativi  perché vanificati di volta involta dai veti dei singoli stati che o non li ratificano o ne contestano l’efficacia.

 

 

-         Non ci piace questa Europa il cui parlamento ha una rappresentanza più formale che sostanziale visto che non può esprimere direttamente un esecutivo che abbia il potere di governare in termini comunitari materie come la politica estera, la politica economica e monetaria, la politica della difesa, il coordinamento e la promozione della ricerca scientifica.

 

-         Non ci piace questa Europa che, impossibilitata ad esprimere un esecutivo capace di realizzare un’azione di governo vincolante per tutti gli stati membri, è oggi costretta ad operare con semplici commissari i quali possono solo avanzare proposte che, per divenire operative, debbono essere poi ratificate sostanzialmente dai singoli paesi.

 

-         Non ci piace questa Europa che rischia di non avere un’identità culturale, visto che ondeggia tra liberismo e socialismo senza rifarsi a quell’umanesimo cristiano ed a quella identità giudaico cristiana che è il vero connotato che ha segnato tutta la sua vicenda storica.

 

-         Non ci piace questa Europa che ha visto nel suo operare in larga parte smarrirsi quel solidarismo che era l’elemento caratterizzante per tutti coloro che nel dopo guerra l’avevano ideata, immaginata e proposta.

Chi non ricorda. Infatti, che il primo atto compiuto sulla strada della costruzione della casa comune europea fu la costituzione della “Comunità europea per il carbone e l’acciaio”: un fatto allora veramente rivoluzionario e significativo perché rappresentava il superamento degli egoismi nazionalistici per approdare sul versante del solidarismo tra gli stati membri che mettevano in comune, per la prima volta nella storia europea, le risorse energetiche essenziali allo sviluppo delle loro comunità nazionali.

 

-         Non ci piace questa Europa che balbetta sulla politica per l’immigrazione e per lo sviluppo del terzo mondo:

 

  • da un lato, non coordina una politica europea per  l’immigrazione degna di questo nome, fatta cioè di quantificazione dei flussi compatibili, fatta di creazione di decorose condizioni di vita per gli immigrati ( abitazione , assistenza , integrazione sociale ) condizioni di vita, cioè, capaci di realizzare quella  coltura dell’accoglienza che vanta una tradizione millenaria nella nostra Europa.
  • Dall’altro, non favorisce in modo deciso e sufficiente lo sviluppo dei paesi poveri, apportando tecnologia alla produzione di queste realtà: interventi questi che mitigherebbe la spinta ,oggi veramente insostenibile, di una immigrazione che solo per carità cristiana ci permettiamo di definire semplicemente selvaggia ed allenterebbero le tensioni che povertà ed ignoranza creano in tante parti del mondo.

 

 

 

Questi, a mio modesto parere, sono tra i più significativi motivi che, sommati alla mancata realizzazione di  forme di integrazione economica e politica, impediscono all’Europa di  svolgere appieno il ruolo che ad essa spetta nel contesto mondiale.

 

Il fenomeno della globalizzazione, di cui tanto si parla, a proposito ed a sproposito, ( tra l’altro chissà perché si fa finta di scoprirlo soltanto ora quando, invece, questo processo era visibile da sempre perché veniva evidenziandosi  man mano che cresceva e si sviluppava, in modo quasi esponenziale, la velocità del trasporto delle merci e delle persone e la rapidità dell’acquisizione e della divulgazione delle notizie). Orbene, questo fenomeno, a cui come è noto, intendiamo dedicare un apposito convegno, evidenzia quanto e quale sia il ritardo strutturale, organizzativo e culturale dell’Europa: un ritardo che rende impossibile dare una risposta almeno parzialmente valida all’insieme dei problemi mondiali imposti oggi dalla globalizzazione.

 

Mi permetto anche di insistere sulla necessità di dare una precisa identità culturale all’Europa:

Mi domando, infatti, come sia possibile immaginare il futuro della Comunità, oggi composta, mi sembra, da 15 stati,  che, come è noto, dovrà essere allargata,  ancorché gradualmente, a tutti gli altri stati europei che hanno chiesto di farne parte; stati, si badi bene, molti dei quali sono sorti recentemente anche sulla base di veri e propri conflitti armati e che hanno rivendicato la legittimazione alla loro esistenza proprio sulla base di etnie che affondano le loro radici nella storia di quei popoli.

Mi domando, perciò, come sarà possibile creare una comunità coesa se non ci si attesta su una identità di altissimo profilo che abbracci tutti gli stati ed in cui, almeno, i più si identifichino permettendo così di superare vecchi e nuovi nazionalismi od antiche esasperazioni.

 

Tale valore universale  può essere soltanto quello dell’umanesimo cristiano.

 

La storia europea, infatti, è stata interamente caratterizzata dal suo intersecarsi ed intrecciarsi con le vicende del cristianesimo: nessuno, infatti, può oggettivamente contestare che il cristianesimo abbia segnato in modo indelebile, nel bene e nel male, gli avvenimenti dei suoi stati membri tanto da condizionarne la vita, gli usi e costumi .

 

A dimostrazione di quanto affermato è sufficiente fare riferimento:

-         Al fenomeno del monachesimo che caratterizza una vera evangelizzazione europea.

-         Al flagello, nel 1300, della peste: avvenimento  che risveglia la sensibilità religiosa che si esprimeva tra processioni, lasciti, riconciliazioni, conversioni e che caratterizza, poi, l’assistenzialismo della chiesa manifestatosi con la creazione in tutta Europa  di ospizi monastici ed ospedali cittadini: queste iniziative in sostanza elevano la condizione del mendicante  da “ fastidioso questuante da emarginare” alla condizione di un fratello da assistere ed elevano, altresì, la condizione del  malato da “oggetto” alla dignità di un essere umano da servire e da curare.

-         Alla creazione, per iniziative di sacerdoti e di  vescovi, di scuole ed università che dilagano in tutta Europa.

-         All’esilio dei Papi in Europa ( Avignone ), alle difficoltà di rapporto tra chiese d’oriente e di occidente, all’inquisizione, alla riforma protestante, allo scisma anglicano, al movimento giansenista: è innegabile che  tutte queste vicende si intrecciano e segnano in maniera inconfutabile la storia di tanti popoli  europei caratterizzandone il loro convivere sociale e civile.

-         Ad Erasmo da Rotterdam, l’ultimo grande umanista che girovagando in tutta l’Europa, riuscì a produrre per l’ultima volta l’unità europea sul piano della cultura. La sua umanità faceva perno su due semplici assunti:

  • L’uomo ha valore perché è fatto ad immagine di Dio.
  • La cultura umanistica ha valore in quanto promuove la “ perenne” rinascita dell’uomo nuovo.

 

-         Ed ancora a Napoleone Bonaparte, alla restaurazione, alla fine del potere temporale dei papi, all’avvento del sociale che si dibatteva  tra marxismo, capitalismo e dottrina sociale della chiesa (Rerum novarum),alla rivoluzione di ottobre, al ritorno dei cattolici all’impegno politico, alle dittature in Europa (Mussolini, Hitler, Stalin, Franco), all’olocausto degli ebrei, alla caduta del comunismo.

 

Tutti questi avvenimenti si intrecciano, sempre e comunque, con i valori e la storia dei vari popoli europei in cui la presenza  del cristianesimo è  profondamente radicata.

 

Anche la del nome della nostra associazione è stata fatta prendendo spunto da una frase di papa Giovanni Paolo II che per noi tutti ha valore profetico e che recita testualmente. “ L’Europa del terzo millennio sarà cristiana o non sarà”.

 

Vedete, cari amici, questo Papa, che è dono grande fatto dalla divina provvidenza alla Santa Chiesa, è da molti definito il papa delle certezze (anche se il suo volto, a me pare, tradisca sovente  tristezza e tormento per le tante angoscianti vicende del mondo che ha dovuto e deve costantemente registrare ed affrontare) questo papa, si diceva,(tanto amato dai giovani  per il suo parlare, senza tentennamento alcuno, di verità spesso scomode) credo  abbia maturalo la convinzione di una Europa che dovrà essere cristiana non tanto per un visione semplicemente fedeistica o perché egli risenta della esperienza nazionale che  ha vissuto  nella sua Polonia, il cui destino di nazione, spesso divisa, smembrata, occupata, ha coinciso sempre con la sua profonda cattolicità: tanto che sono molti quelli che  identificano la sua vicenda nazionale con quella della sua religiosità.   Il pensare questo sarebbe fare torto alla profonda cultura e capacità di lettura degli avvenimenti di questo pontefice!

Credo, invece, che il Santo Padre abbia maturato tale convinzione perché si rende conto che i nazionalismi sono ancor oggi profondamente radicati nella gente che, avendo terrore del futuro così incerto e nebuloso, affonda sempre di più le proprie radici nel terreno dei valori tradizionali, compreso quello dell’identità nazionale. A tale valore, si può in parte rinunciare solo a condizione che come alternativa si possano offrire reali prospettive contrassegnate da valori di alto profilo come quelli che caratterizzato l’umanesimo cristiano; Questa convinzione non nasce solo dall’assunto dottrinale del principio della doverosa difesa dell’uomo, creatura fatta ad immagine di Dio, ma anche da una realistica presa d’atto, avendo storicamente i valori dell’umanesimo cristiano da sempre accompagnato anche le singole vicende nazionali, che essi sono ormai patrimonio consolidato del comune sentire popolare e, perciò, la gente li sente profondamente propri.

 

 

 

 

Bene, mi fermo qui convinto di aver proposto su questa tematica una tale miriade di spunti che credo saranno necessari numerosi incontri per approfondirli come meritano ed, al contempo,  per proporre strategie idonee a dare risposte esaurienti agli interrogativi ed alle difficoltà che si frappongono  alla costruzione della casa europea.

 

 

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Prima di concludere vorrei permettermi anche un paio di riflessioni sul momento politico che stiamo vivendo, poiché, pur non schierandoci, noi non siamo, però, ne cechi ne sordi circa quanto avviene nello scacchiere politico nazionale ed internazionale.

Infatti, dall’ultima volta che ci siamo visti in questa sala, non è che non sia successo proprio niente e almeno due avvenimenti meritano, perlomeno, di essere evidenziati e valutati:

 

1) Le elezioni politiche: avvenimento  che ha visto l’affermazione del centro destra. E’ questo un fatto di notevole novità anche  se di per se  stesso non risolve il nostro problema più sentito che era, e rimane,  quello del come dare sostanza alla  esigenza di rendere più omogeneo e visibile l’apporto dei cattolici e dei liberal democratici alla vicenda politica del paese.                    

     Una cosa, comunque, questa tornata elettorale ha chiarito: ha chiarito, cioè, che l’elettorato cattolico e liberal democratico è un elettorato sostanzialmente di centro. Infatti, se si osserva oggettivamente il risultato elettorale risulta evidente che, mentre la sinistra e la destra hanno perso consensi,  sono invece cresciuti i partiti di centro da Forza Italia alla Margherita.

      Certo, non è che ciò abbia risolto lo stato di disagio che molti di noi avvertano sia che militino nello schieramento di centro destra e siano che militino nel centro sinistra all’interno della margherita: disagio evidenziato dai tanti amici che, lungo il loro percorso politico, assumono costantemente atteggiamenti che ci mettono, in tanti passaggi politici fondamentali, in grande difficoltà rispetto ai sentimenti che ci ispirino e nella valorizzazione degli uomini che ci rappresentano: questo ultimo aspetto si evidenzia ancora di più, in questa fase, nello schieramento di centro sinistra visto le manovre che Rutelli ha iniziato contro Prodi per la preoccupazione di un eventuale ritorno dello stesso sulla scena politica italiana: ritorno che potrebbe mettere in discussione il suo ruolo di leader della Margherita e dell’opposizione.

      Detto questo, comunque, non è che nel centro destra le estemporaneità di Bossi fanno stare più tranquilli.

 

      Ed allora occorre sollecitare, sin da ora,  ogni progetto di aggregazione  ( ben venga perciò, ad esempio il ventilato raggruppamento tra CCD – CDU – Democrazia Europea ) perché questi processi favoriscono il disegno di una unità che prima o poi avverrà, non tanto per nostro merito, ma per la volontà espressa dall’elettorato che sta chiaramente indirizzando il proprio consenso al centro invitando con ciò le forze politiche a promuovere tutte le convergenze possibili in questa direzione.

 

      Ed io cari amici sono profondamente convinto che questo avverrà:ed avverrà ancor più rapidamente di quel che si pensi se vi sarà un forte impegno a promuovere e favorire in tutti i modi possibili questo processo.

     

 

2)     L’attentato dell’11 settembre alle torre di NeW York ha sconvolto le certezze di sempre ed ha creato un vero terremoto nelle quadro delle alleanze internazionali ( per la prima volta USA – RUSSIA – CINA parlano lo stesso linguaggio). Orbene, in questa vicenda l’Europa è andata in ordine sparso: infatti, mentre l’Inghilterra ha reagito in maniera sostanzialmente autonoma, il resto del continente si è mosso, al di là dei comunicati di facciata, in modo confuso ed autonomo in quanto ciascun stato era preoccupato dei problemi che le opposizioni interne avrebbero loro creato.

Quindi una politica  comunitaria che non è riuscita a manifestarsi in termini visibili, soffocata dagli interventi dei singoli capi di governo e che  non è riuscita pertanto ad assumere precisi connotati unitari.

Tutto questo è veramente grave se si tiene conto dell’eccezionalità dell’evento terrorista che deve essere necessariamente affrontato e che, piaccia o non piaccia, impegnerà la comunità mondiale per lungo tempo.

Questo problema ha provocato discussioni e dibattiti feroci anche nel nostro paese cercando di dividere i cittadini tra guerrafondai e quelli amanti della pace.

Nessuno più di noi cattolici è contrario alla violenza: se c’è una cosa di cui possiamo essere orgogliosi nella nostra esperienza politica nazionale è proprio quella di aver garantito al nostro paese 60 anni di pace e di progresso cancellando quanto avvenuto nella prima metà del secolo: quando, cioè, i nostri padri o i nostri nonni erano sostanzialmente costretti, ogni due o tre anni, a mettersi l’elmetto ed prendere il fucile  per andare in guerra.

E non ci fu nel nostro paese famiglia alcuna che, nel periodo che va dalla prima alla seconda  guerra mondiale, non fosse in lutto poiché doveva piangere la morte di un padre, di uno sposo, di un figlio o di un fratello.

Noi siamo ferocemente contro la guerra perché essa è aggressione,  essa è orrore, essa è atrocità,essa è lutti e rovine, essa è terrore e perché l’esperienza ci insegna che non risolve i problemi ma alimenta solo odio e  violenza.

C’è solo un caso, infatti, in cui la violenza può essere legittimata: e cioè solo quando il cittadino o una comunità è costretta a difendere la propria incolumità, il diritto alla propria esistenza.

Se ciò non fosse vero verrebbe meno, ad esempio, il valore della lotta di liberazione , della lotta partigiana che, nel nostro paese, ci ha restituito la dignità di uomini liberi.

 

E di fronte all’attentato di New York , la cui ferocia e la cui barbarie è già definizione  assolutamente lacunosa ed  insufficiente,  non solo vi è il diritto ma vi è il dovere di intervenire con la forza contro i mandanti, gli esecutori e tutti coloro che li proteggono al fine di evitare che simili atrocità possano ripetersi coinvolgendo nuovamente cittadini inermi e tante vittime innocenti.

Ecco, perché, non è più possibile pensare, che in presenza  di simili accadimenti vi sia chi possa nutrire dubbi e perplessità circa la necessità di reagire poiché, quando è in gioco la sicurezza ed il diritto alla esistenza, principi inviolabili questi della sacralità della vita, non vi possono incertezze.

In proposito, voglio qui ricordare che la persecuzione e l’olocausto che gli ebrei hanno dovuto subire 50 anni fa sono iniziati con forme enormemente più labili dei fatti a cui abbiamo in questi giorni assistito: ebbene, la latitanza o, peggio ancora, la viltà dimostrata in quel momento storico dai più di non vedere e di non rischiare hanno poi portato alla liquidazione nei campi di sterminio di 6 milioni di persone.

Una terribile mattanza che resta un’onta eterna nella storia dell’umanità.

Sono stato un mese fa in Polonia ad Auscewitz e mi sono vergognato di far parte    dell’umanità.

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Bene, cari amici, in conclusione voglio ricordare ancora una volta che questa nostra associazione è aperta a tutti e che da essa si può uscire od entrare quando si vuole e per partecipare non occorre ripudiare o cambiare le militanze politiche in cui uno liberamente ha scelto di militare.

 

 

In questa associazione abbiamo solo due obbiettivi:

 

-         Il primo è quello di impegnarci perché alle prossime elezioni europee tutti i cattolici e liberal democratici possono ritrovarsi a fare una battaglia politica unitaria intorno al simbolo del Partito popolare europeo al quale tutti dicono, almeno a parole, fare riferimento.

Cosa diversa è, invece, cari amici, la nostra posizione, da qui alle elezioni europee, in riferimento alle elezioni comunali e provinciali: fra pochi mesi, infatti, avremo una importante tornata elettorale che interessa, guarda il caso, anche Iesi e la nostra provincia. In proposito, pur non facendo noi scelte di campo, incoraggeremo da una parte, tutte le possibili aggregazioni politiche tra cattolici e liberal democratici ed appoggeremo, per quanto ci sarà possibile, tutti i candidati cattolici e liberal democratici della nostra associazione in qualunque schieramento gli stessi ritengano opportuno, in questa fase, militare per dare un loro contributo alla comunità locale.

 

-         Il secondo obbiettivo dell’associazione è quello di incoraggiare ogni forma di aggregazione che riduca la dispersione in mille rivoli in cui versa attualmente la partecipazione politica cattolica e liberal democratica.

Ecco perché non partecipiamo alle beghe o camarille interne, purtroppo inevitabili nel menage quotidiano della vita dei partiti, limitandoci semplicemente a dare consigli se ed in quanto ci vengano richiesti.

Chi pensa a nostre interferenze significa che soffre di incubi ed è forse bene che prenda una bella tazza di camomilla e si calmi.

Quando dovessimo avvertire la necessità di fare nuovamente una scelta per una partecipazione militante all’interno di un partito lo faremo alla luce del sole senza chiedere il permesso a nessuno e senza la necessità di dotarci di  pacchetti di tessere: pratica questa di così basso profilo da non essere stata più in voga, a quanto io ricordi, nemmeno nella peggiore Democrazia Cristiana.

 

Cari amici, ho sottolineato alcuni aspetti perché non vi nascondo che troveremo sulla nostra strada ostacoli e tante critiche: ostacoli e critiche di tutti coloro che vedono questa nostra iniziativa come una turbativa agli equilibri politici in atto e temono che, rispetto al grigiore ed all’immobilismo che contraddistingue sempre di più la politica nella nostra regione, possa innescarsi il meccanismo di una ritrovata presa di coscienza di tanti cittadini: e ciò rischia di mettere discussione questo tranquillo menage quotidiano fatto di tanti piccoli egoismi, di posizioni di rendita gestite da una elite che ritiene di non dover nemmeno rendere conto delle decisioni che assume o delle iniziative estemporanee che attua. Molti, anzi troppi, sono ormai coloro che si limitano, tra l’altro, a fare qualche cosa solo per giustificare un comunicato stampa che dimostri alla pubblica opinione il loro essere ancora vivi.

 

Immaginate che sforzo immane sarebbe per tutti questi signori  il semplicemente concepire una politica che, invece di essere fatta di pettegolezzi, o di riunioni salottiere, ritornasse ad essere passione civile, dibattito culturale, confronto quotidiano con i cittadini,  dialogo con gli elettori, ascolto del nuovo, accettazione dei suggerimenti che la realtà che ci circonda quotidianamente ci offre.

Ma vogliamo scherzare chiedere a tanti cosiddetti “dormienti” di fare tutto questo?

Sarebbe, come dire, volerli vedere morti!

Una politica che riesca a farsi partecipazione ed interprete delle altrui sofferenze, una politica assorba interamente l’impegno di chi liberamente ha accettato di svolgerla, una politica che cerchi di dare risposte e curi gli interessi di chi chiede giustizia, è oggi da tanti considerata, chissà perché, un agire da trogloditi della prima repubblica.

Tutto ciò è così vero che la nostra semplice iniziativa ha già fatto storcere il naso a molti che si interrogano chiedendosi: “ Ma che cosa vogliono questi veterani della I^ repubblica, perché turbano, come definirlo, “ lo stato dell’arte” o “l’ordine costituito” che abbiamo raggiunto e su cui è oggi così comodo adagiarsi? Perche dovremmo compiere il titanico sforzo di immaginare l’esigenza di cambiare ritmo per innestare una marcia superiore sforzandosi di elaborare iniziative e programmi da realizzare?.

 

E si cari amici, siamo coscienti di dare fastidio: Infatti rimettere in moto i meccanismi dell’ascolto, della elaborazione politica, della selezione attraverso una reale partecipazione che abbia solide basi culturali e propositive sconvolge chi crede che un’elite di pochi possa e debba gestire per tutti la vita sociale di una comunità.

Vi risparmio i miei commenti ad una cosiffatta concezione della democrazia che a me ricorda solo il più becero cosiddetto centralismo democratico di stalinista memoria.

Per nostra fortuna, però, sono ancora molti, anzi sono tanti, quelli che partecipano alla vita politica con uno stile serio, un impegno continuativo, uno forte slancio  e  che, così operando, garantiscono all’impegno politico e sociale la nobiltà che gli è propria; e tra questi, non ho dubbio alcuno, che ci siete tutti voi cari amici.

Siete qui perché credete in un impegno ed una testimonianza che le difficoltà, le amarezze, le delusioni non sono riuscite a fiaccare.

Siete ,oggi, qui perché non avete mai rinunciato al dovere di essere utili agli altri mettendo loro a disposizione con generosità l’intero bagaglio di conoscenze, di idealità, di esperienze di cui ciascuno e tutti siamo portatori.

 

E’ vero cari amici, noi sappiamo bene di essere anche dei peccatori: e noi impegnati nel sociale ed in politica sappiamo di esserlo forse più degli altri  commettendo, forse, quello che io amo definire un peccato di presunzione: e cioè “La presunzione di essere utili ”.

 

Ma non possiamo, non riusciamo, non vogliamo arrenderci.

 

Ricordo a me stesso, come cattolico, che ciò che io  posso fare, ciò che ho il dovere di fare,  per gli altri non devo farlo per vanto personale , ma esclusivamente a gloria di Dio: tutto ciò non mi impedisce, però, di sentirmi  gratificato, onorato ieri come oggi, ed oggi come domani, da questa  vostra affettuosa partecipazione, da questa vostra disponibilità che rende sincera, commovente ed unica la nostra amicizia.

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