Introduzione di Alfio Bassotti all’incontro sul tema
“L’unione europea e la globalizzazione”
6 giugno 2003 – Senigallia Sala conferenze albergo SenBhotel
Considerazioni generali
E’ evidente che la velocità che oggi caratterizza la mobilità delle merci e delle persone, accompagnata dalla velocità di acquisizione e di trasferimento delle notizie, ha reso il nostro pianeta così piccolo che tutta, e sottolineo tutta, l’attività umana diventa interattiva sull’intera organizzazione della collettività mondiale.
E’ chiaro, perciò, che ogni avvenimento di un certo spessore, mentre all’inizio dello scorso secolo era praticamente irrilevante rispetto ai processi economici e sociali più significativi attualmente, invece, provoca delle immediate ricadute sull’intero sistema organizzativo mondiale.
Di fronte a questa oggettiva realtà ci sembra, perciò, infantile, strumentale e pericoloso porsi in via di principio contro la oggettività di questo fenomeno.
A mio modesto parere, è ancor più incomprensibile che la globalizzazione venga rifiutata in via di principio soprattutto dai cattolici i quali sono perfettamente edotti, si badi bene, essere la vocazione della Chiesa universale: e ciò non per una scelta di potere, ma semplicemente perché Cristo, Nostro Signore, ci ha chiesto l’evangelizzazione di tutte le genti da un capo all’altro della terra.
Ed allora, il fatto che tutti dicano che la globalizzazione pone seri problemi non giustifica il nostro piangersi addosso o il contestare per il semplice gusto di contestare, ma occorrerà capire quali sono questi problemi e come eventualmente risolverli.
E siccome, cari amici, a me piace molto esemplificare, mi sembra logico affermare che la questione che abbiamo di fronte non è quella di essere pro o contro la globalizzazione, perché il fenomeno come detto esiste ed è inevitabile,quanto invece come renderne positivi, controllandoli ed indirizzandoli, gli effetti.
Siamo, quindi, di fronte alla eterna sfida che l’umanità si trova quotidianamente ad affrontare: l’esigenza, cioè, di impegnarsi affinché gli effetti di questi fenomeni sociali, e quello della globalizzazione non fa eccezione, realizzino la difesa dei diritti inalienabili della persona umana creando le condizione per la sua esaltazione e non, come spesso avviene, per la sua mortificazione o, peggio ancora, per il suo annullamento.
“ That is the question ”, direbbero gli inglesi.
Questo è il problema:
se globalizziamo le azioni politiche e sociali creando le condizioni di un equilibrato sviluppo sociale ed economico dei popoli, se globalizziamo la tolleranza e la cooperazione tra le nazioni, se globalizziamo la pace allora non possiamo che esaltare e benedire il fenomeno della globalizzazione;
se, viceversa, globalizziamo lo sfruttamento dei paesi più ricchi verso il terzo e quarto mondo rilegando quei popoli a vivere in condizioni di assoluta indigenza, nella fame e nella violenza, senza dare agli stessi prospettive di sviluppo, di pace e di democrazia allora noi non possiamo che essere contro questa globalizzazione.
È questo, cari amici, il vero ed unico metro da utilizzare per valutare ogni fenomeno sociale sfuggendo, così, ad ogni tentazione di utilizzarlo strumentalmente secondo gli interessi del momento di questa o di quella fazione politica di destra o di sinistra che siano.
Tra l’altro, se vorrei dire che, per noi cattolici, Cristo non può essere strumentalizzato né dalla destra né dalla sinistra, Egli non può essere tirato per la giacchetta ne da destra ne da sinistra: per il semplice fatto che Cristo è venuto nel mondo e si è fatto uomo, rivestendosi quindi della nostra umanità, tutt’altro che per porsi a destra o a sinistra; Egli è venuto nel mondo esclusivamente per riscattare l’uomo testimoniando la verità: e così facendo non si è posto ne a destra ne a sinistra ma si semplicemente collocato al centro della storia e della nostra vicenda umana.
Occorre stigmatizzare tutti i tentativi di strumentalizzare gli atteggiamenti che la Chiesa, di volta in volta, doverosamente assume di fronte agli avvenimenti della storia. Cosicché, ogni qualvolta essi possono far comodo, vi è ad esempio un mondo di sinistra che plaude al Papa per la sua doverosa ed intransigente difesa della pace, salvo, poi, ignorarlo quando parla delle condizioni necessarie che devono presiedere la vita comunitaria per raggiungere tale obbiettivo: quando parla, cioè, di democrazia, di libertà, di giustizia, di tolleranza; salvo poi elegantemente snobbarlo, storcendo magari anche un po’ il naso, quando Sua Santità parla di parità scolastica, di diritto alla vita o quando contesta l’aborto, l’eutanasia.
È il mondo della sinistra che rimane freddo e insensibile persino agli accenni di Sua Santità sulla bioetica o sull’assenza dalla bozza della carta costituente europea di un qualsiasi riferimento a quel suo valore caratterizzante rappresentato dall’umanesimo cristiano che l’ha permeata nei secoli.
Ed allora, per concludere non solo è opportuno, ma a pare essere assolutamente necessario che L’Europa si attrezzi per svolgere un ruolo decisivo a far si che la globalizzazione si realizzi in termini positivi: deve cioè l’Europa concorrere con la sua azione e le sue iniziative a determinare in modo decisivo una crescita ed uno sviluppo armonico del convivere mondiale per consentire, così facendo, ai nostri figli, che già oggi sono cittadini di Europa, di sentirsi anche cittadini del mondo.
Si ama sempre affermare che non esiste futuro che non tenga conto del presente ,così come non esista presente che non affondi le proprie radici nel passato: se è così, sarà quanto mai opportuno che l’Europa si costituisca non come un semplice aggregato economico e demografico , ma si costituisca, cresca e si sviluppi rivendicando la sua comune identità culturale che affonda sostanzialmente le sue radici in quell’umanesimo cristiano che l’ha permeata, come già detto, in tutta la sua vicenda storica.
Sarà, perciò, necessario che l’Europa realizzi la sua azione di politica estera, di sicurezza interna ed internazionale, di politica economica sulla base di indirizzi fortemente unitari: indirizzi che debbono essere vincolanti per tutti gli stati membri.
Sarà anche necessario che l’azione che il governo europeo si realizzi attraverso la volontà espressa a maggioranza degli stati membri: si potranno così superare le innumerevoli paralisi decisionali, sino ad oggi registrate, malgrado la lodevole, anche se logorante ed estenuante, opera di mediazione mortificata e vanificata dai veti incrociati degli stati membri.
Ed è quanto mai opportuno che in Europa non parli solo di politica monetaria: oggi è necessario, proprio per fronteggiare il fenomeno della globalizzazione, immaginare e proporre indirizzi generali che accompagnino una programmazione che per grandi maglie tocchi tutti i settori strategici della vita economica e sociale della comunità: programmazione di indirizzo a cui tutti gli stati nazionali debbono sentirsi obbligati fare riferimento per contribuire al successo della sua realizzazione.
E’ prioritari il fatto, infine, che l’Europa concorra a determinare tutte quelle modifiche atte a riformare il consiglio di sicurezza e l’assemblea delle Nazioni Unite: iniziando dall’abolizione del diritto di veto, per sollevare l’ONU dalla paralisi e dall’immobilismo che ne ha caratterizzato, in questo ultimo periodo, la l’azione: così operando, si potrà superare questa delicata fase che ha reso quanto mai precario ed incerto l’equilibrio internazionale rilanciando il ruolo insostituibile delle Nazione Unite quale cassa di risonanza e di discussione delle vicende internazionali e quale soggetto essenziale di indirizzo per lo sviluppo equilibrato e pacifico del panorama internazionale.
Se l’Europa che vogliamo costruire saprà essere all’altezza di questo impegno, allora il fenomeno della globalizzazione potrà essere visto finalmente in modo tutt’altro che negativo poiché esso potrà concorrere ad accelerare l’attuazione di tutte quelle azioni che possono e debbono concorrere a rendere centrali la difesa e lo sviluppo della personalità umana: elementi questi da noi ritenuti, ieri, oggi e domani, punti di riferimento essenziali ed insostituibili: tanto insostituibili che senza di loro non avrebbe senso il nostro impegno politico e sociale.
Desidero concludere, cari amici, ricordando che l’attività politica, quando la si svolge con abnegazione e passione può talmente assorbire le energie fisiche e mentali di chi vi sono impegnato fino a portare inconsapevolmente, per la loro generosità nel dare gli stessi protagonisti a punti di rottura psicologica e fisica veramente pericolosi: ed è questo il prezzo che tanti amici hanno pagato e continuano a pagare.
Ed è certamente questo altruismo nel dare e, cioè. la generosità di che non si tira mai indietro, e non sa dire di no ai bisogni delle gente, che ha piegato le resistenze fisiche e psichiche dei due amici che ci hanno, recentemente ,così drammaticamente lasciato: Mario Gasparrini e Pino Ricci:
Mario e Pino: con loro abbiamo vissuto, per tanti anni, giorno dopo giorno, in un rapporto di sincera, fraterna, affettuosa amicizia e di fattiva collaborazione, l’impegno politico ispirato ai comuni ideali .
Amicizia vera, fraternità vera, che mai è venuta meno anche nei momenti più difficili e terribili della mia stessa avventura umana: con loro sento che se ne andata anche una parte di me stesso, della mia storia, della mia testimonianza e credo che ciò valga anche per tutti quegli amici, e sono tanti, che hanno avuto, come me, l’onore di conoscerli e di stimarli apprezzandone le preziose doti umane e civili.
Ciò che ci consola, in momenti come questi, è la fede che tutti noi riponiamo in Dio, padre buono e misericordioso, che, in virtù di tutto il bene che questi amici hanno nella loro esistenza così ampiamente elargito, ritiene preziosa a suoi occhi la loro anima e noi siamo certi che Egli li ha accolti nella sua casa donando loro il suo amore, la sua luce e la sua pace.
Noi siamo certi di questo perché Cristo, nostra speranza, rivolgendosi al padre ha così pregato:
“ Padre, voglio che anche quelli che tu mi hai dato, siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato”.
Grazie.