Introduzione di Alfio Bassotti all’incontro sul tema: “I Cristiani e la politica in Italia ed in Europa”

settembre 28th, 2009

Introduzione di Alfio Bassotti all’incontro  sul tema:

 “I Cristiani e la politica in Italia ed in Europa”

 30 novembre  2003 – Loreto – Sala Paolo VI

 Desidero ringraziare innanzitutto le loro eccellenze, mons. Angelo Comastri (per l’ospitalità) e mons. Cleto Bellucci per aver accettato il nostro invito ad essere con noi ed a concludere il convegno con la S. Messa.

Desidero ringraziare, poi, l’amico Paolo Nicoletti per tutta la preziosa assistenza che ci ha dato per organizzare questo incontro.

Ed, infine, ringrazio soprattutto tutti gli amici che ancora una volta, in una giornata festiva, hanno rinunciato allo svago ed al riposo per non mancare al nostro odierno appuntamento che segna la sesta iniziativa itinerante della nostra associazione .

Credo che la mia esposizione introduttiva al tema che mi è stata affidato sarà abbastanza inusuale rispetto all’abituale stile illustrativo delle tante tematiche afferenti la nostra fede cristiana, e, nello specifico,l’approfondimento del rapporto tra cristiani e politica. 

So bene che difficilmente sarò all’altezza di corrispondere alle Vostre aspettative su una tematica così delicata, a volte controversa, e ,comunque, sempre intrisa da tanta passione civile.

Di tutto questo desidero chiedervi scusa anticipatamente.

 Dividerò il mio intervento in due parti:

 -         la prima farà esclusivo riferimento al documento della congregazione per la dottrina della fede intitolato “nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno ed il comportamento dei cattolici nella vita politica.” : nota che abbiamo distribuito in circa duemila copie a tutti i partecipanti ai nostri convegni di questo anno.

 -         La seconda, invece, accennerà ad alcune brevissime valutazioni più squisitamente politiche.

 In premessa occorre evidenziare che la Chiesa, sino ad ora, non aveva mai avvertito la necessità di affrontare in modo così specifico e solenne la questione dell’impegno dei cattolici nella vita pubblica.

 Infatti, fino alla caduta del muro di Berlino, i cattolici erano rappresentati nel nostro paese da un unico partito e nel mondo da una unica internazionale:  in questo contesto, perciò, non se ne avvertiva probabilmente una particolare necessità visto che tali forze politiche nella loro azione si ispiravano essenzialmente agli obbiettivi indicati dalla dottrina sociale della chiesa e facevano riferimento costante ai valori del pluralismo, della solidarietà, della partecipazione ed a un metodo di governo garante dell’esercizio delle libertà e della democrazia.

Quando, poi, esplode  la diaspora democristiana, che provoca  il disperdersi della presenza dei cattolici in politica in mille rivoli, è evidente che diviene molto più difficile testimoniare in modo incisivo i valori di cui il cristianesimo è portatore.

 Certo, non voglio con ciò affermare, che la Congregazione della Fede abbia emanato le direttive in questione solo per sopperire alla condizione in cui vengono oggi a trovarsi, in particolare, i cattolici italiani impegnati in politica, perché è evidente che le direttive in questione sono rivolte a tutti i cattolici del mondo;

Ritengo, però, che anche la questione italiana, sommandosi  evidentemente alle tematiche poste  da quel grande ed inevitabile fenomeno dell’era moderna che va sotto il nome di “globalizzazione” ,  abbia contribuito non poco a rendere necessario ed urgente l’assunzione in politica di atteggiamenti etici i più coerenti ed unitari possibili.

Veniamo, perciò, al tema.

 La prima parte delle direttive

 mette semplicemente in evidenza come sempre la Chiesa abbia seguito con grande interesse la partecipazione dei cittadini, cristiani e non, alla gestione della cosa pubblica visto che oggi questa assume, in particolare,  forme sempre più ampie ed innovative: cosicché, la vita sociale in democrazia necessita del coinvolgimento di tutti ai vari livelli e gradi di responsabilità.

 Da ciò deriva, afferma la nota, il dovere per i fedeli laici di animare cristianamente l’ordine temporale cooperando con gli altri cittadini; deriva il dovere di non abdicare alla partecipazione in politica ossia a tutte quelle azioni di governo di diversa natura e livello istituzionale finalizzate alla costruzione del bene comune.

 Prima riflessione : Come potete rilevare ne è passata di acqua sotto i ponti dal divieto ai cattolici di partecipare alla vita politica od ai primi timidi tentativi di un loro inserimento rappresentati, ad esempio, dal patto Gentiloni.

 Oggi la Chiesa afferma con grande chiarezza e senza mezzi termini essere un dovere del Cristiano quello di interessarsi e partecipare alla vita politica.!!! 

  • La seconda parte  affronta alcuni punti nodali nell’attuale dibattito culturale e politico.

 Semplificando per quanto possibile il tema trattato, nella nota si sottolinea che occorre non sottocere i gravi pericoli a cui alcune tendenze culturali vorrebbero orientare le legislazioni e di conseguenza i comportamenti della società civile.

In sostanza, questa concezione relativista del pluralismo nulla ha a che vedere con la legittima libertà dei cattolici di scegliere, tra le opinioni politiche compatibili con la fede e la legge morale naturale, quelle che ,secondo il proprio criterio, meglio si adeguano alle esigenze del bene comune.

Viene infatti testualmente affermato” 

“La libertà politica, quindi, non è, né può essere fondata sull’idea relativista che tutte le concezioni sul bene hanno la stessa verità e lo stesso valore, ma sul fatto che le attività politiche mirano, volta per volta, alla realizzazione estremamente concreta del vero bene umano e sociale in un contesto storico, geografico, economico, tecnologico e culturale ben determinato”

In buona sostanza, per tradurre in volgo, la terminologia di S. Madre Chiesa, il problema che i cattolici hanno di fronte è molto più semplice di quanto lo si voglia far apparire.

I cattolici, cioè, sono portatori e testimoni di una verità rivelata fatta di un insieme di valori che sono eterni: verità permanenti su cui c’è poco da discutere! 

Ed allora la vera scommessa con cui deve misurarsi l’impegno dei cattolici è rappresentata dallo loro capacità , di volta in volta, di attualizzare questi valori ( la cui cornice è rappresentato dalla libertà, anzi dalle libertà, dalla democrazia, dalla partecipazione, dalla solidarietà, dal pluralismo, e comunque dalle indicazioni che la ricerca sociale della chiesa costantemente ci fornisce) di attualizzarli, si diceva,  nelle varie realtà storiche, sociali, culturali in cui sono chiamati ad operare.

Attualizzare, quindi, il proprio tempo testimoniando, senza timore alcuno, queste verità permanenti che accompagnano l’umanità lungo il cammino della storia.

Un cattolico, infatti, non deve mai avere alcun timore di misurarsi con le varie ideologie che di volta in volta fioriscono: esse sono schemi rigidi, condizionati dal contesto storico in cui sorgono, incapaci poi di adattarsi al variare della società civile cosicché, così come sorgono,  cosi, prima o poi, tramontano. 

Vediamo allora, a titolo esemplificativo, di elencare qualcuna di queste esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili:

 -         la difesa della sacralità della vita e conseguentemente la condanna dell’aborto e della eutanasia,

-         la tutela e la difesa del diritto alla salute,

-         i diritti dell’embrione umano,

-           la tutela e la promozione della famiglia, fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua unità e stabilità: ad essa non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale.

-           il diritto inalienabile dei genitori alla libertà di educazione dei propri figli,

-           la tutela sociale dei minori e la liberazione delle vittime dalle moderne forme di schiavitù (si pensi ad esempio, alla droga e allo  sfruttamento della prostituzione)

-           il diritto alla libertà religiosa,

-           lo sviluppo di un’economia che sia al servizio della persona e del bene comune,

-           il grande tema della pace

Su questo tema, della pace, permettetemi di soffermarmi un attimo:

 Vi è chi, in proposito, tende, a volte, a secolarizzare il valore della pace mentre, in altri casi, si cede a un sommario giudizio etico dimenticando la complessità delle ragioni in questione.

La pace, cari amici, giova ricordare, è sempre «frutto della giustizia ed effetto della carità»; essa esige il rifiuto radicale e assoluto della violenza e del terrorismo e richiede un impegno costante e vigile da parte di chi ha responsabilità politiche. 

Già, di pace, in questo nostro tempo, si parla tanto!

Con ciò non dico che se parli troppo: anzi, non bisogna mai stancarsi di parlarne purché questo prezioso sentimento non diventi strumentalizzazione ed invece di unire divida ulteriormente le coscienze.

 La pace, cari amici, è un dono di Dio che va difeso e preservato: soprattutto oggi che essa è minacciata da un mondo pieno di una violenza cieca e radicale, insensata e bestiale. Non può, quindi,  venir meno la nostra convinta testimonianza a difesa di questo valore fondamentale che si basa sulla tolleranza, sulla comprensione, sulla cooperazione tra i popoli. 

La Pace si difende quindi attraverso il ripudio della violenza.

 Di ogni violenza: sia che essa si realizzi attraverso il terrorismo, sia che essa si manifesti attraverso la violazione di qualsiasi diritto fondamentale dell’uomo, sia che si eserciti fisicamente, sia che si imponga moralmente.

In altre occasioni ho già ricordato essere stato affermato che la violenza non ha confini, non ha patria, non ha colore, non ha religione: la violenza è violenza.

 In definitiva, noi non possiamo che essere coerenti con quanto su questo tema  è scritto nell’enciclica “ Pacem in terris ” di Papa Giovanni XXXIII: “la pace può esistere solo nel pieno rispetto del principio che ogni essere umano è persona, soggetto di diritti inviolabili e perciò essa , la pace, può realizzarsi solo se fondata  su verità, giustizia, amore e libertà.”

 In questo senso, non mi stancherò mai di ripeterlo, probabilmente è bene, per noi cattolici, sfilare di meno e pregare di più, operando nel nostro quotidiano, nella famiglia, nei luoghi di lavoro e di svago, in ogni sede ove si svolge il convivere civile, perché, rispetto alle contrapposizioni ed alla violenza, si affermino invece i valori della tolleranza, della convivenza e della solidarietà verso coloro che sono colpiti dall’ emarginazione e solitudine proprie delle cosiddette “nuove povertà”.

 E su tutta la tematica, sin qui, illustrata occorre fare una seconda riflessione:

 E’ necessario che i cattolici non si facciamo coinvolgere, sull’onda delle emotività del momento, nei continui e reiterati tentativi di strumentalizzazione politica e culturale degli atteggiamenti che la Chiesa, di volta in volta, doverosamente assume di fronte agli avvenimenti della storia.

Cosicché, ogni qualvolta gli atteggiamenti in questione sono graditi, vi è un mondo, interno ed esterno alle nostra realtà, che plaude  al Papa, ad esempio, per la sua ferma, doverosa ed intransigente difesa della pace, salvo, poi, ignorare Sua Santità quando parla delle condizioni che devono presiedere la vita comunitaria per raggiungere anche tale obbiettivo: quando parla, cioè, di democrazia, di libertà, di giustizia, di tolleranza; salvo ignorare, con atteggiamenti di sussiego e di sufficienza, l’ alto magistero del Pontefice quando parla di parità scolastica, di diritto alla vita contestando con ciò l’aborto e l’eutanasia.

Tutto un mondo questo che rimane freddo e insensibile persino agli accenni di Sua Santità sulla bioetica; o quando sottolinea l’assenza dalla bozza della carta costituente europea di un qualsiasi riferimento a quel suo valore fondante e storicamente caratterizzante rappresentato dall’umanesimo cristiano che l’ha permeata nei secoli. 

  • Il  terzo capitolo della nota dottrinale attiene ai principi su laicità e pluralismo ed afferma, in sostanza, che il vivere e l’agire politicamente in conformità alla propria co­scienza non è un succube ada­giarsi su posizioni estranee al­l’impegno politico o su una for­ma di confessionalismo, ma esso è l’e­spressione con cui i cristiani of­frono il loro coerente apporto perché attraverso la politica si instauri un ordinamento sociale più giusto e coerente con la di­gnità della persona umana.

 In proposito la nota dottrinale afferma testualmente:

“Coloro che, in nome del rispetto della coscienza individuale, volessero vedere nel dovere morale dei cristiani di essere coerenti con la propria coscienza un segno per squalificarli politicamente, negando loro la legittimità di a­gire in politica coerentemente alle proprie convinzioni riguar­danti il bene comune, incorre­rebbero in una forma di intolle­rante laicismo.” 

Questa affermazione è di primaria importanza perché fa piazza pulita di quell’atteggiamento che così spesso ha caratterizzato la posizione di tanti cattolici in battaglie referendarie essenziali che si sono tenute nel nostro come in tanti paesi europei.

Ed, allora, non dobbiamo mai scambiare la nostra difesa del pluralismo ( elemento fecondo e caratterizzante la molteplicità delle opinioni, fonte preziosa di confronto democratico e libero, ricchezza di energie tese allo sviluppo civile ed economico) ove la capacità dell’azione politica dei cattolici si esalta nel dovere di mediare le ragioni di tutti, e comunque dei più, al più alto livello possibile rispetto ai valori che ci ispirano, non dobbiamo scambiare, si diceva, tutto questo con il dovere dei cattolici di difendere in modo intransigenze, ovunque si trovino ad operare, qualunque sia la sponda politica alla quale sono approdati, i valori fondamentali della fede quando questi siano messi veramente in pericolo. 

  • il quarto capitolo della nota dottrinale, infine,  analizza il problema dell’equilibrio tra fede e politica: argomento che lascio alla vostra personale riflessione quando leggerete, come mi auguro, il contenuto integrale dell’opuscolo che vi abbiamo consegnato. 

Se mi è consentita, , una battuta ulteriore sull’argomento generale, vorrei ripetere qui quanto  ho già avuto occasione di affermare a  Senigallia e cioè che per noi cattolici Cristo non può essere strumentalizzato da nessuno: Egli è venuto nel mondo e si è fatto uomo, rivestendosi, quindi, della nostra umanità per  testimoniare la verità e per riscattare l’uomo ridonandogli la dignità di figlio di Dio: e così facendo, non si è posto ne a destra ne a sinistra, ma si è semplicemente collocato al centro della storia e della nostra vicenda umana.  Chi è suo seguace non può avere il problema di stare a destra o a sinistra perché un credente sta semplicemente con Cristo per compartecipare al disegno di salvezza che Egli ci ha conquistato con la Sua morte e Risurrezione.

 Desidero infine sottolineare come l’attività politica, svolta con abnegazione e passione, rappresenti indubbiamente una delle trincee più avanzate ed esposte della testimonianza cristiana essendo la politica, per i cattolici, altruismo e generosità del donare: essi sanno che  per essere coerenti con il loro credo e per testimoniare, in amicizia e fraternità, i valori di cui si sentono portatori hanno pagato e pagano e pagheranno un alto prezzo.

 Pur avendo ben presente questo ultimo aspetto, se la sapienza del cuore suggerisce la necessità del nostro impegno, non possiamo tirarci indietro: non possiamo, cioè, esimerci, se abbiamo le qualità per farlo, dal dovere di servire i nostri fratelli rinnovando il nostro impegno anche sul versante della politica: solo così operando risponderemo generosamente all’invito pressante che, con questa nota dottrinale, Santa Madre Chiesa oggi ci rivolge ricordandoci  il dovere della nostra coerenza tra Vangelo e cultura, fra fede e vita.  

Ritengo  perciò che sia utile partire da qui per sviluppare una riflessione che sia permanente e che ci aiuti a capire ed attualizzare le ragioni per cui la congregazione per la dottrina della fede ha ritenuto opportuno ( anzi  necessario ) indirizzare delle direttive ai vescovi della chiesa cattolica e, in special modo, ai politici cattolici ed a tutti i fedeli laici chiamati alla partecipazione della vita pubblica e politica nelle società democratiche.  

Ed alla fine di questo mio dire, mi rendo conto essere stata la mia una introduzione del tutto insufficiente: incapace cioè di sottolineare adeguatamente la delicatezza, l’attualità e la complessità del tema. E malgrado ciò, permettetemi  di fare tre brevi osservazioni che sono da un lato degli interrogativi, e, dall’altro, delle cortesi provocazioni. 

1)Se si riflette un attimo sulla sostanza della nota pastorale ci si accorge subito che il vero problema che pone la Chiesa è il dovere dei cattolici di impegnarsi in politica per testimoniare con coerenza i valori di cui sono portatori per dare un contributo decisivo nella costruzione delle regole che presiedono al democratico e libero sviluppo della convivenza civile nazionale ed internazionale. 

Quindi, l’impegno politico per un cattolico non è un optional ma un dovere: se così è , ed è così, qualcuno dovrebbe aiutarmi a capire perché queste direttive l’episcopato italiano, i parroci, le associazioni cattoliche (tanto per esemplificare la gerarchia ecclesiale a tutti i liovelli) le hanno tenute sostanzialmente nel cassetto senza praticamente divulgarle, discuterne e approfondirle  come era giusto e doveroso fare.

Perciò  a me un dubbio sorge:  forse, dico forse, queste direttive hanno messo a disagio, e sono purtroppo molti gli interessati, tutti coloro che, in cambio, come dire, di qualche attenzione o comprensione politico-amministrativa, si sono precipitati a dare la patente di difensori della fede a personaggi o a formazione politicheche, anche nel recente passato erano state tutt’altro che in linea con l’etica e la morale cristiana?

Va bene, cari amici, essere per noi cristiani verità la conversione sulla via di Damasco che ha portato Paolo a trasformarsi da persecutore a servo di Cristo e difensore della fede: ma, pur non mettendo limiti alla divina provvidenza, credere  ad una così massiccia valanga di conversioni, così ambigue ed incerte, che reggono un giorno si ed uno no, è, almeno per me, è molto, ma molto difficile crederlo:

Tanto per dirla con la battuta di Giulio Andreotti: a pensar male si fa peccato, ma forse qualche volta ci si prende! 

2) Troppo spesso sento usare, da tanti amici l’espressione  “ i cattolici democratici”. Per favore smettete di farlo! Smettete di farlo!!

Questa espressione è assolutamente errata ed inconsapevolmente  mutuata da coloro che per tanti anni hanno voluto far credere che esistessero dei cattolici democratici e dei cattolici non democratici.

La Chiesa, anche in questa  direttiva, ci dice chiaramente che non esistono i “cattolici democratici” ma esistono semplicemente ed elusivamente i democratici cattolici   perché  i cattolici o sono democratici o non sono cattolici. Punto! 

3)      Tanta gente si sta affannando per dimostrare che è opportuno ed auspicabile che i cattolici non stiano politicamente insieme  poiché  ciò sarebbe pericoloso per la laicità dello stato: quindi, è opportuno e più qualificante, invece, che gli stessi partecipino alla vita politica dando il loro contributo in diverse formazioni politiche.

Insomma, per farla breve, l’unità dei cattolici in politica non si deve nuovamente realizzare. 

Un giudizio questo del tutto falso e strumentale, contro la logica e la storia:

  • Contro la logica, perché si afferma che, mentre è opportuno ed auspicabile che debbono stare insieme  agli altri e far convivere, come dire,  il diavolo e l’acqua santa, essi non debbano o non possano, invece, cooperare unitariamente in un partito alla costruzione della società civile.
  • Contro la  storia: quasi che l’impegno politico unitario dei cattolici nel nostro paese, in Europa e nel mondo, non abbia consentito a tante comunità di realizzare esaltanti stagioni di sviluppo sociale e morale, nella libertà e nella pace.

Forse coloro che affermano essere una iattura il ritorno unitario dei cattolici in politica sostengono questa tesi probabilmente perché di fatto temono di perdere le attuali rendite di posizioni visto che cresce sempre più forte la nostalgia di tanti cittadini per l’esperienza unitaria  dei cattolici:  cittadini che auspicano o meglio ancora  ritengono ormai maturi i tempi e le condizioni per ridare vita ad una nuova esperienza unitaria dei democratici cristiani nel nostro paese.

Io sono uno di questi:  sono, cioè, convinto che il paese e l’Europa abbiano assolutamente bisogno di una forte, innovativa ed unitaria iniziativa politica del mondo cattolico: e per quanto ci riguarda lavoreremo e pregheremo perché questo si verifichi. 

Concludo, cari amici,

In un anno di attività dell’associazione abbiamo approfondito molte tematiche, abbiamo toccato sei dei maggiori centri della nostra realtà provinciale, abbiamo creato collegamenti con amici delle altre province.

Ed ora è arrivato il momento di passare dalle analisi, dagli approfondimenti alle proposte operative.

E’ cioè ormai maturo il tempo per passare dalla politica del dire alla politica del fare.

Ed in questo senso che a fine febbraio,  od al massimo ai primi di marzo, ci incontreremo nuovamente per discutere una proposta programmatica per lo sviluppo della nostra comunità regionale che consenta alla stessa di stare al passo con i tempi ed essere annoverata, a pieno titolo, tra le regioni di Europa. In questa direzione diversi amici stanno operando approfondendo i vari aspetti e le innumerevoli tematiche del convivere civile dei cittadini marchigiani.

 Oggi, quindi, si conclude un primo ciclo della nostra attività e non a caso si conclude a proprio a Loreto:

Una cittadina, Loreto, che in me evoca tanti ricordi di natura religiosa e politica.

Qui ho avuto l’onore di apprezzare l’impegno e la competenza di tanti amici con cui ho condiviso per lunghi anni le soddisfazioni, le gioie, le preoccupazioni e le amarezza del fare politica e credo di poterli ricordare tutti se cito due nostri ex sindaci: il compianto Attilio Brugiamolini, il cui ricordo credo sia ancora un fatto struggente per molti, ed Ancilla Tombolini (che ci onora della sua presenza): essi hanno rappresentato per tanti di noi un esempio tangibile di impegno, di entusiasmo e di sacrificio.

E sul piano religioso per me Loreto, e credo non solo per me, rappresenta un riferimento essenziale, un approdo sicuro per la nostra fede.

Qui ho incominciato a venire pellegrino sin da bambino, nell’immediato dopo guerra con i miei familiari ed i miei compaesani su di un vecchio camion anche esso residuato di guerra; qui,  ho continuato a venire partecipando a tanti incontri con l’azione cattolica; qui, sono ritornato costantemente ogni volta che avvertivo la necessità di trovare momenti di riflessione sostando in preghiera e meditazione nella S. Casa della Vergine Lauretana per la quale, come tutti i marchigiani, ho una particolare e totale devozione

E’ infatti, cari amici, Maria, l’ancella del Signore, l’esempio più emblematico della disponibilità assoluta che ogni credente deve avere verso il disegno che Dio ha tracciato  per ciascuno di noi. 

Ed è Maria, madre di Dio e madre nostra, che oggi vogliamo invocare perché interceda presso  l’Altissimo affinché questa umanità sofferente e smarrita ritrovi la strada della Verità, della Giustizia e della Pace.

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