Conclusioni di Alfio Bassotti sul tema:
“Opinioni a confronto”
16 ottobre 2005 – JESI – Hotel Federico II° – Sala dei Musicisti
1 Nell’ascoltare la discussione mi è venuto spontaneo il pensare come risulti evidente un aspetto della stessa che tende a prevalere su tutto il contesto.
Mi spiego: rispetto ai problemi che qui sono stati posti e, cioè, il mondo della sanità che rimane la spina nel fianco della comunità regionale con un deficit che sembra incomprimibile, la riorganizzazione che sembra non riuscire a decollare, i tempi di prenotazione delle prestazione specialistiche che si allungano sempre di più, le infrastrutture ospedaliere, che si inaugurano e poi non entrano mai in funzione (Iesi docet), le economie di scala che si annunciano ma non si realizzano, il personale amministrativo spesso in esubero ed il personale sanitario insufficiente e così via.
Oppure il problema delle infrastrutture viarie, ferroviarie, portuali, aeroportuali interportuali indispensabili allo sviluppo: la collaborazione con la Quadrilatero che finalmente sembra aver ha registrato passi in avanti; o le opere portuali di Ancona finanziate si dal 1986 (venti anni fa) che ancora non riescono a vedere la luce; o l’aeroporto, ancora molto lontano dal milione di passeggeri in transito che rappresenta il trend minimo per essere autosufficiente, che ha la esigenza inderogabile di venir considerato struttura strategica e, come tale, finanziato alla stessa stregua del trasporto passeggeri su gomma e su ferrovia evitandone, con ciò, la chiusura visto che i privati, per anni dissanguatisi per sostenerlo, ora intendono dire basta; o l’interporto che continua ad essere una incompiuta e la cui vicenda tenderà purtroppo a complicarsi ancor più nei prossimi mesi.
Oppure la tenuta e l’incentivazione dello sviluppo della nostra comunità che, come è scaturito dal dibattito, si incentra, ormai, nella ricerca, nell’innovazione, nell’avvio dei parchi tecnologici, dei distretti produttivi, nella valorizzazione dei beni monumentali, artistici, ambientali.
O su tutti gli altri aspetti della vita della nostra comunità regionale che in questa sede sono emersi spesso, essendo stato, caro GianMario, per tanti anni un amministratore, mi rendo conto in modo anche troppo ingeneroso e critico.
In questa sede io non do voti e non voglio sottolineare nel merito i fatti che in positivo o in negativo si sono evidenzianti.
Quello che, invece, desidero sottolineare sono tematiche ed aspetti di carattere generale.
2 Debbo, innanzitutto, rilevare è che il dibattito si è svolto esclusivamente su due direttrici:
Chi governa ha mantenuta una rigorosa posizione di difesa del proprio operato e chi è all’opposizione si è mosso nella direzione di un intransigente critica che potrebbe essere sintetizzata con una battuta tanto cara a quell’eccezionale campione che è stato Gino Bartali:” L’è tutto da rifare.”
A me sembra, invece, che si può esaltare le posizioni di ciascuno in modo molto più serio e costruttivo:
Chi è al governo, cioè, deve avere una posizione di grande apertura per tutte quelle proposte ed osservazioni che vengono dall’opposizione valutandole con disponibilità e facendole proprie quando sono oggettivamente valide; l’opposizione, di contro, non può sempre assumere una posizione drastica e aprioristica dicendo sempre di no a qualsiasi proposta od iniziativa solo perché essa è il frutto dell’iniziativa di governo: se si tratta di una proposta valida occorre dimostrare che prima di essere opposizione si è rappresentanti della volontà popolare che impone a tutti di sostenere quello che comunemente viene definito il bene comune: quindi, se un provvedimento lo si ritiene, perché lo è, valido non si vota contro od al massimo, furbescamente. ci si astiene : lo si vota e basta !.
2 Una seconda riflessione riguarda la constatazione che il clima prodotto dal quadro politico generale ha costantemente aleggiato in questo auditorium facendo, non nascondiamolo, da sottofondo costante al nostro dibattito.
Ebbene la nostra, cari amici, è un associazione culturale che avendo come obbiettivo la valorizzazione del ruolo dei cattolici e dei liberal democratici nella prima come nella seconda repubblica, non può far finta che le tematiche dello sviluppo e del convivere civile non pongano a tutti una seria riflessione sulle ragioni che hanno spinto molti di noi ad impegnarci sul versante della testimonianza politica.
Ciò che voglio dire è che, ovunque i cattolici operino, essi non possono derogare dai i valori fondamentali che li ispirino e che devono caratterizzare la loro azione.
Ed io ne voglio citare almeno tre:
- La Centralità dell’uomo: una centralità da realizzarsi attraverso un azione che esalti ed abbia come punti di riferimento il pluralismo, il solidarismo, la partecipazione.
- La Libertà: intesa come consapevole e gioiosa adesione alla verità (Papa Benedetto XVI)
- La Pace, così come definita nell’enciclica “ Pacem in terris ” da Papa Giovanni XXXIII: “la pace può esistere solo nel pieno rispetto del principio che ogni essere umano è persona, soggetto di diritti inviolabili e perciò essa , la pace, può realizzarsi solo se fondata su verità, giustizia, amore e libertà.”
Elementi essenziale che dovrebbero sempre contraddistinguere l’impegno politico di chi vuol essere testimone di quel Cristo nostro Signore e nostro fratello perché fattosi uomo per la nostra salvezza.
4 Nel dibattito di oggi ho notato, quasi l’assoluta assenza del riferimento europeo nei nostri discorsi: fatto salvo qualche timido accenno sul versante economico, mi è sembrato culturalmente e politicamente assistere ad un silenzio quasi assordante su questo tema.
Questa associazione guarda,invece, con estrema attenzione a quell’Europa che hanno immaginato i nostri padri e che noi ancora non riusciamo a far decollare perché incapaci di dare indirizzi precisi sulla sua natura e sulla sua collocazione. E non parlo mica di fantapolitica, cari amici, perché il dato più significativo che in proposito oggi si impone è la necessità di scegliere tra eurasiatici ed euroatlantici.
E qui la nostra scelta deve essere chiara perché occorre battere quello schema politico, oggi rappresentato dalla tentazione di cavalcare un pericoloso nascente nazionalismo europeo, che tende, facendosi scudo di un orgoglioso quanto inopportuno blasone storico culturale, ad isolare il nostro continente dal contesto internazionale: ad abiurare, in sostanza, alla collaborazione secolare con gli Stati Uniti d’America
La collaborazione, cioè, con quel popolo che, in forza alle comuni radici culturali ed etniche che lo legano all’Europa, è stato nostro fedele compagno di viaggio lungo l’itinerario della storia caratterizzante il secolo scorso e che lo ha visto protagonista decisivo per battere il nazismo, per difenderci da comunismo, condividendo con noi tutte le scelte fatte sullo scenario internazionale a difesa della libertà, della democrazia e della pace.
Non contestiamo chi dissente dalla scelte in politica estera fatte dagli Stati Uniti (e fino a qui nulla di grave poiché ognuno è libero di fare valutazioni che contrastino quelle americane): chi le fa, però, dovrebbe farci anche capire il perché di questo atteggiamento. E se il perché di tale decisione è dettato sostanzialmente dal fatto che più che esser contro gli americani, si è contro Busch e la sua amministrazione, anche questa è una liberissima e legittima valutazione politica.
Ciò che, invece, nessuno può fare è permettersi di dire che il governo attuale degli Stati Uniti non sia l’espressione democratica dei cittadini di quel Paese: cosicché si paragona il suo presidente a dittatori sanguinari o al Bill Laden di turno.
Certo, io ,come tutti, sono a favore della necessità di insistere, sempre, fino alla esasperazione, sino all’impossibile per evitare la guerra, ogni guerra. Perché essa, la guerra, non è mai una buona soluzione essendo ogni conflitto violenza, morte e distruzione.
Ma tra questo e il non capire che i popoli per riacquistare là libertà, soffocata dalla tirannia, quando non vi è più prospettiva e speranza alcuna, hanno il diritto dovere di usare anche la forza per riscattare la propria dignità, ( e se così non fosse come si giustificherebbe la lotta partigiana nel nostro paese e quella preghiera a Dio dei partigiani Cristiani che si definiscono “ribelli per amore”)
Ed allora, ci si usi almeno la cortesia di non continuare a far finta di non capire che il sangue versato oggi dagli Yenky in difesa di quei popoli è lo stesso, ed ha lo stesso colore, il rosso, di quello versato dagli Yenky nella seconda guerra mondiale per liberarci dalla tirannide nazi-fascista.
Ecco perché, penso, noi si debba essere, cosi come ci suggerisce il comune sentire e la nostra storia, per Una Europa Atlantica.
- Dobbiamo rivendicare anche il carattere di ispirazione cristiana e giudaica che deve caratterizzare l’Europa: dire ciò significa semplicemente rivendicare il vero unico valore culturalmente e storicamente unificante dell’esperienza europea. Valore che, oggi come ieri, ha rappresentato e rappresenta il vero sostanziale collante morale che giustifica l’unità europea.
Non riconoscere che il vero riferimento, che ha culturalmente e moralmente unificato l’Europa, è stato l’umanesimo cristiano, che ha visto in Erasmo da Rotterdam l’ultimo grande esponente, è abiurare alla propria identità ed alla oggettività storica.
Questo, cari amici, non significa rinunciare ad intendere la politica in senso laico e quindi non confessionale; ne, tanto meno, significa non essere tolleranti verso chi professa altre confessioni religiose: questo significa semplicemente ricordare ed affermare quelle che sono le radici dell’esperienza civile e morale della nostra nazione europea; significa ricordare a noi stessi chi siamo per essere veramente in grado di affrontare le battaglie che il futuro ci riserva e che non saranno, come ci si vorrebbe far credere, solo di ordine economico e scientifico, ma che già investono valori morali essenziali sol che si pensi alle sfide della bioetica ed al fenomeno dilagante del terrorismo e della violenza.
Se questi problemi reali, la nostra comunità regionale non può essere assente, non può eluderli. Le Marche non possono continuare a proporre, come già detto, un silenzio assordante su queste tematiche, si e no interretto da un mese di campagna elettorale per le europee. Le Marche, invece, debbono aprire, in proposito, un grande e permanente dibattito a cui, per primo, non potrà sottrarsi, sia in sede istituzionale che in sede legislativa, l’ente regione
Desidero concludere queste mie brevi osservazione in ordine al dibattito sulle cose da fare e da realizzare, con una riflessione finale in questo modo:
ciò che per noi appare essenziale sottolineare è la esigenza che ogni nostro agire deve fare riferimento alla centralità dell’uomo, alla sua dignità, allo sviluppo della sua personalità attraverso la conquista di nuovi e più avanzati spazi di libertà. Questi, e solo questi, sono i veri parametri di valutazione della bontà di ogni idea e di ogni iniziativa: ed è in questo senso che debbono essere lette tutte le proposte che vengono avanzate.
Desidero ringraziare i due protagonisti dell’incontro, GIANMARIO SPACCA e FRANCESCO MASSI, sia per non essersi sottratti a questo confronto e sia per l’apporto e per lo stile che hanno saputo dare al dibattito; ringrazio tutti voi, della presenza e del contributo dato alla discussione, dandovi appuntamento a Loreto per l’incontro del 4 dicembre che terremo alla sala del Tinello presso il palazzo apostolico
Un incontro che, come è ormai tradizione segna la conclusione dell’anno sociale offrendoci una occasione di grande spiritualità.
Un incontro, per me, ancor più significativo, perché segna anche l’occasione per il passaggio del testimone come coordinatore dell’associazione essendo assolutamente convinto che sia ormai giusto ed opportuno che qualche altro amico, dopo cinque anni di attività, si cementi in modo più diretto nella responsabilità di guida e di coordinamento della nostra attività.
A Loreto, avremo l’opportunità di riflettere sulla dottrina sociale della chiesa i cui indirizzi sono presupposto e guida essenziale per tutti coloro che sono impegnati nel sociale: e lo sono ancor di più per i cristiani impegnati in politica, sul quel versante della testimonianza cristiana più difficile ed arduo.
Un impegno grande e nobile se illuminato dalla fede donataci dal nostro incontro con Cristo: evento, cari amici, che segna tutta la nostra vicenda personale perché ci accompagna lungo il cammino della vita verso la casa del Padre per donarci un destino fatto di salvezza.