Intervento di Alfio Bassotti all’incontro sul tema:“Europa Terzo Millennio: una testimonianza dell’impegno politico dei cattolici”

ottobre 5th, 2009

Intervento di Alfio Bassotti all’incontro sul tema: 

Europa Terzo Millennio: una testimonianza dell’impegno politico dei cattolici 

3 dicembre 2006 – Loreto – Sala del Tinello 

Cari amici,

In apertura di questo mio dire sento, come sempre in questa sede, la necessità di soffermare il nostro sguardo sulla Vergine Lauretana per esprimerLe tutta la nostra filiale devozione e gratitudine.

“Grazie o Maria, grazie per averci anche quest’anno permesso di salire questo colle,  pellegrini tra i pellegrini, al fine di chiedere la Tua intercessione presso il tuo Santissimo figlio, Gesù Cristo, nostro Signore, affinché rafforzi la nostra fede.

Madre Santa, tempio del Signore, Tu che con il tuo SI hai reso possibile il disegno di Dio per il nostro riscatto e la nostra redenzione, guarda con particolare amore questi tuoi figli impegnati sul versante sociale e politico.

Vergine madre, in questa fase storica essi, divisi su variegati fronti ed dispersi in tante direzioni, t’invocano affinché tu, o regina del cielo e della terra, conceda loro la grazia di ritrovare l’unità perduta per concorrere a realizzare un cammino di pace e di concordia, di verità e di giustizia.

E cosi sia”,

*********** 

Cari amici, senza questa spinta interiore che ci viene dalla fede,  l’impegno di un cattolico in politica o nel sociale non avrebbe alcuna prospettiva poiché si appiattirebbe su una presunta e quanto mai falsa concezione di una laicità che non avrebbe nemmeno la freschezza, o la fantasia, o la spregiudicatezza di chi la laicità la cavalca in forza ad una concezione materialista o massimalista del convivere civile.

Ebbene in questi giorni mi chiedevo come illustrare la testimonianza che in questi quattro anni la nostra associazione ha realizzato:

Si potrebbe farlo con una illustrazione semplicemente statistica ricordando: 

  • La celebrazione di ben 20 convegni itineranti che hanno toccato le città Ancona Fabriano Iesi, Loreto, Osimo, Senigallia
  • I 40 oratori che sono intervenuti ai nostri incontri.
  • La pubblicazione di un numero unico per pubblicizzare le proposte programmatiche fatte dalle commissioni di studio per lo sviluppo della nostra regione.
  • La pubblicazione di un opuscolo a colori con le proposte di un  programma di sviluppo della regione Marche offerto alla riflessione del mondo politico marchigiano alla vigilia delle elezione regionali del 2005.
  • La distribuzione di circa 3000 opuscoli sulle direttive che la Congregazione per La Fede ha emanato ai cattolici impegnati in politica.
  • La realizzazione di un CD sulla vita di Alcide De Gasperi proiettato al convegno organizzato per la Sua commemorazione.  
  • La realizzazione di due CD con i servizi Rai e TV Centro Marche sull’attività dell’associazione nel periodo 2002-2004 e 2004-2006.  

Tutti questi dati, comunque analiticamente contenuti nella documentazione che vi è stata distribuita, non credo che siano particolarmente significativi.

Infatti, quello che io credo interessi in questa sede, più che dei meri dati statistici, sono i contenuti che abbiamo approfondito in questi anni nei convegni da noi promossi. 

In proposito, occorre ricordare che tutta la tematica sviluppata ha fatto riferimento non solo alla nostra identità regionale e nazionale, ma soprattutto a quella europea; infatti, fare costante riferimento all’obbiettivo Europa è essenziale in quanto convinti della priorità assoluta che riveste il processo di costruzione di questa nuova patria alla cui identità, appunto, siamo chiamati a contribuire tenendo conto della sua storia e delle variegate proposte che il processo di realizzazione dell’unità europea sta sviluppando. 

In buona sostanza, comunque,  ci siamo mossi su quattro direttrici. 

  • La prima: sviluppare le riflessioni sull’attuale ruolo dei cattolici in politica, in ordine ai temi della pace, in ordine ai problemi della globalizzazione, in ordine alla identità cristiana e giudaica dell’Europa. 
  • La seconda : prendere atto delle direttive della Congregazione della fede riguardanti i cattolici impegnati in politica, approfondire i contenuti  della dottrina sociale della chiesa sviluppandone in particolare i temi i temi del pluralismo, del solidarismo, dell’etica e del diritto.  
  • La terza: prestare particolare attenzione alla politica da perseguire in ordine alla famiglia quale cellula fondamentale della società civile regionale, nazionale ed europea con particolare riferimento:

-         alla difesa della sua integrità ed alla tutela della integrità fisica e morale delle sue componenti più deboli (gli anziani e l’eutanasia, i giovani e la droga, i nascituri e l’aborto)

-         alla difesa della sua peculiarità, salvaguardandola da forme che ne snaturano il carattere e le finalità (matrimoni gay-coppie di fatto ecc.)

-         all’organizzazione dei servizi affinché siano di incentivo e di sostegno a quella quotidianità che la famiglia deve costantemente affrontare : occupazione, casa, salute, mobilità, scuola, tempo libero, ecc.

  • La quarta: l’unità politica dei cattolici e la collaborazione con le forze laiche liberal – democratiche e riformiste. 

Se è questo, ed è così , ciò che, in questi anni di attività, abbiamo sviluppato ciò investe una tematica talmente vasta da rendere impossibile, in tempi  di esposizione ragionevoli, ogni tentativo di riepilogarla: mi limiterò perciò a svilupparne solo alcuni aspetti che ritengo tra i più significativi.

Vi prego, perciò, di perdonarmi un simile modo di procedere, ma, Vi prego di credere, mi è impossibile fare diversamente! 

Ebbene, uno dei temi che abbiamo approfondito di più è il tema della globalizzazione.

Nome altisonante questo, che altro non è se non la definizione di quel fenomeno rappresentato dal rapporto sempre più immediato, sempre più ristretto, sempre più interagente, direi, che si manifesta in modo costante nella intera comunità mondiale: un rapporto così stretto ed interagente da rendere contestuali le relazioni tra i popoli, le loro economie, le loro culture, i loro variegati interessi.

A nessuno, credo, sfugga che i mutamenti e le novità internazionali erano fino a poco più di mezzo secolo fa individuabili in tempi medio lunghi, quasi fossero delle isole protette dalla vastità degli oceani e, quindi, novità di per se stesse difficilmente permeabili.

Oggi, invece, la rapidità delle notizie, l’accelerata mobilità delle merci e persone assumono una immediatezza ed incidenza tali che si può tranquillamente affermare non esistere oggi un solo avvenimento di un certo spessore che, ancorché accaduto nella località più sperduta del mondo, non venga portato a conoscenza immediata di tutti con la logica conseguenza di una sua pronta ricaduta emotiva, culturale, sociale ed economica, nella comunità internazionale.

Bene su questo fenomeno si sono scritti fiumi di parole, si è teorizzato il tutto ed il contrario di tutto.

Per quanto mi riguarda, a causa di questa mia consolidata abitudine di semplificare al massimo le analisi, penso che noi si debba ridurre il problema a due semplici considerazioni:

La prima: non si può sfuggire  dal prender coscienza del fatto che il fenomeno è reale ed inevitabile in quanto effetto della crescita tecnologica. Il che ha, come  logica conseguenza, rendere contestuale il rapporto sociale tra i popoli del nostro pianeta. Sottolineo questo aspetto perché c’è chi ancora si attarda ad immaginare questo fenomeno comeun processo  ancora in itinere e non come esso realisticamente è: e, cioè, un fenomeno pienamente maturato e condizionante del nostro convivere.

C’è chi, inoltre, di fronte a questa oggettiva realtà, in modo infantile, ma anche strumentale e pericoloso, si pone contro in via di principio, immaginando non si sa quali e quante strategie siano da mettere in campo per contrastarlo: tra l’altro, a mio modesto parere, è ancor più incomprensibile che la globalizzazione venga in modo pregiudiziale ed aprioristico rifiutata anche da tanti cattolici i quali, invece, sono perfettamente edotti, del fatto essere la vocazione della Chiesa, universale avendoci Cristo, Nostro Signore, comandato l’evangelizzazione di tutte le genti da un capo all’altro della terra.

Anziché,  piangerci addosso, a me sembrerebbe logico osservare che la questione da affrontare non è tanto quella di essere pro o contro la globalizzazione, quanto invece come realizzarne, controllandoli ed indirizzandoli, gli effetti.

Di fatto, quindi, siamo di fronte ad una costante rappresentata dalla sfida che l’umanità si trova quotidianamente ad affrontare: all’esigenza,  cioè, di operare affinché gli effetti dei tanti fenomeni sociali, e quello della globalizzazione non fa certamente eccezione,  contribuiscano a garantire i diritti inalienabili della persona umana sviluppando le condizione per la loro esaltazione e non, come spesso avviene, per la loro mortificazione o, peggio ancora, per il loro annullamento. 

In buona sostanza:  

se globalizzare significherà concretizzare politiche capaci di accrescere le condizioni di un equilibrato sviluppo sociale ed economico dei popoli, se globalizzare significherà creare condizioni di tolleranza e di cooperazione tra le nazioni, se globalizzare significherà sviluppare processi di pace allora non potremo che esaltare e benedire tale fenomeno; 

se, viceversa, il fenomeno dovesse sfociare in processi di sfruttamento dei paesi più ricchi verso quelli più poveri, rilegando con ciò questi ultimi a vivere in condizioni di indigenza, fame e violenza, privandoli della loro dignità, della loro identità, privandoli della speranza in una prospettiva di sviluppo e di pace è evidente che dovremo contrastare in modo determinato la globalizzazione. 

È questo, cari amici, a me pare l’unico credibile metro di valutazione di ogni fenomeno sociale: così operando si rifugge da ogni tentazione di utilizzare metodi di giudizio strumentalmente al servizio degli interessi del momento di questa o di quella fazione politica. 

E voglio cogliere il senso di questa riflessione  per sottolineare come spesso sono altrettanto strumentali ed infantili le numerose varianti con cui tanti cattolici motivano in qualche modo una loro scelta od una loro collocazione politica, difficilmente comprensibile. 

Si pensi, in proposito alla convinzione per cui è in voga il concetto che il mondo culturale deve essere di sinistra.

Quei signori, cioè, che, per atteggiarsi a persone colte, con molto sussiego, magari con la R moscia, ti dicono: ohibò, ma io sono un intellettuale e quindi sono di sinistra.

Ohibò, mi viene da ribattere, ma dove sta scritta, mi si scusi, una simile idiozia. In quale trattato scientifico risulta l’equazione cultura = sinistra  

Che ciò accada in aree lontane da quella cattolica, pazienza! 

Purtroppo, mette veramente a disagio il registrare che anche tanti cattolic,i presenti nel mondo della cultura, ancora credono ciecamente in questa assunto: verrebbe voglia di ricordare loro che forse hanno dimenticato  che Cristo non può essere collocato né a destra né a sinistra, e tanto meno  può essere tirato per la giacchetta da destra o da sinistra; poiché, come ebbi occasione di dire a Senigallia, Egli è venuto nel mondo e si è fatto uomo, rivestendosi  quindi della nostra umanità, esclusivamente per riscattare ogni vivente, senza valutare se sta a destra o a sinistra. Egli, il risorto, che è “Via Verità e Vita”, sta semplicemente al centro della nostra personale vicenda umana ed al centro della storia. 

D’altronde, i continui tentativi di strumentalizzare degli atteggiamenti, che la Chiesa, di volta in volta, doverosamente assume di fronte agli avvenimenti che caratterizzano la cadenza storica della vicenda umana, sono sintomatici del modo di ragionare di tanti cosiddetti credenti: credenti che riescono o a sottolinearne o a contrastarne le indicazioni sulla base di quanto  agli stessi gli indirizzi ecclesiali possono risultare graditi. Sono gli stessi che magari fanno finta di ignorarne gli indirizzi ecclesiali sulla parità scolastica, il diritto alla vita, la condanna l’aborto, l’eutanasia; un mondo che rimane freddo e insensibile persino agli appelli per l’a difesa dell’identità giudaico cristiana dell’Europa

E quello stesso mondo  che invece di definire, come sarebbe logico l’impegno dei cattolici in politica  come l’impegno dei democratici cattolici o dei democratici cristiani, insistono a definirlo come l’esperienza dei cattolici democratici: ripeto cattolici democratici quasi a voler suggerire la suggestiva ipotesi dell’esistenza dei cattolici non democratici.

Ipotesi questa non solo assurda, ma semplicemente offensiva poiché un cattolico o è un democratico o non è cattolico. Punto

Credo, a questo punto, essere doveroso un breve accenno al discorso di Papa Benedetto XVI alla Chiesa italiana riunita in quel di Verona.

Noi oggi l’abbiamo distribuito a tutti Voi inserendolo nella cartella  consegnata all’entrata a tutti i partecipanti: lo abbiamo fatto perché crediamo che il leggerlo con grande attenzione sia importante, valutandolo, insieme all’Enciclica DEUS CARITAS EST, un fondamentale indirizzo per la Chiesa Italiana. 

Personalmente ritengo che l’intervento del Papa sia ricco di indicazioni di così forte valenza e di così grande respiro che necessita di una penetrante analisi e meditazione per poterne apprezzare i contenuti: Benedetto XVI, infatti, sa esprimersi non solo in modo assai elegante ma anche con grande sintesi: il che impone una lettura attenta anche alle virgole. 

Ebbene, malgrado questa oggettiva difficoltà, io trovo l’intervento del Pontefice straordinario e pur non azzardandomi ad analizzarlo in maniera congrua, mi permetto sinteticamente di sottolineare alcuni passaggi evidenti anche ad un cieco:

1)     Sua Santità parte da un assunto preciso :  Cristo Risorto, è la nostra certezza di salvezza; è Lui il nostro destino. 

2)    Il Pontefice non fa tanto riferimento al fatto storico della resurrezione, fonte della nostra fede, donataci con il battesimo, ma Egli fa riferimento a Cristo, il Risorto, speranza del mondo che, ieri come oggi ed oggi come domani, ogni giorno muore e risorge per la nostra salvezza.

       Il Risorto, quindi, permanentemente attuale perchè presente in mezzo a noi. 

a)           La nostra fede, che la Sua presenza rende non solo non contraria alla ragione, ma anzi illuminata dalla regione. 

b)           Una adesione al disegno della salvezza di ciascuno non imposto: un disegno quindi che non contrastando con la nostra libertà si realizza solo per nostra libera adesione. 

c)  I credenti hanno il dovere, nella famiglia, nel lavoro, nella società, in politica di essere testimoni di Cristo che è Via, Verità e vita. 

Mi fermo qui: e scusate se è poco! 

Ed in me, anche in questo caso, sorge legittimamente il dubbio che alcune sommesse critiche, poco più che dei sussurri, vengono proprio da chi sembra cercare scorciatoie pur di evitare la coerenza di un serio  impegno capace di ad affrontare e sostenere l’enormità del compito che ci è stato affidato, come credenti, sul piano sociale e politico. 

Vorrei, ora, ritornare a trattare un argomento su cui ho sempre insistito

A più riprese, nei nostri incontri, abbiamo disquisito sulle direttive date dalla congregazione per la fede ai cattolici impegnati in politica: direttive chiare per cui è bene dire a chi ancora si attarda ed insiste sulla necessità di avere dalla Chiesa indicazioni su tale questione, essere opportuno si vada a rileggere quel documento: vi troverà elencati in modo limpido i doveri a cui un cattolico deve attenersi nell’impegno politico.

Tanto lo riteniamo importante quel documento che ne abbiamo distribuito migliaia di copie: non me ne vogliano se debbo purtroppo constatare che, nella nostra regione, sacerdoti e parroci si sono ben guardati dal commentarle portandole sistematicamente a conoscenza di tutti i fedeli, o per lo meno di quelli impegnati in politica. Su tali direttive è calato un silenzio di tomba quasi che la pastorale dovesse estraniarsi da questi aspetti: quasi che le decisioni che attengono al convivere civile assunte in parlamento, nelle regioni, negli enti locali fossero irrilevanti od indifferenti rispetto ai valori etici e morali ispirati dalla nostra fede.

Queste finzioni, questa astuzia del far finta di niente, questa specie di omertà non dichiarata ma sostanzialmente praticata, realizzata nel non richiamare i fedeli alla coerenza perché il farlo potrebbe far apparire la chiesa schierata con questa o quella parte politica,sono un grande errore.

Infatti, questo disagio creatosi con il venir meno di una testimonianza unitaria e coerente sullo scenario politico a causa della diaspora dei cattolici, sorta all’indomani della eliminazione per via giudiziaria della Democrazia Cristiana, diaspora che si caratterizza oggi in una nostra frastagliata presenza in appartenenze contrapposte, paralizza così tanto il nostro mondo da renderlo vulnerabile, quasi insignificante; sottolineo insignificante, ragione per cui il peso del nostro contributo alle decisioni fondamentali che segnano il convivere civile del paese risulta risibile. 

Può sembrare il mio un giudizio troppo duro ed ingeneroso, ma credo che esso sia difficilmente contestabile. 

Ed ha nulla serve semplicemente stigmatizzare l’atteggiamento che la società civile va sempre di più assumendo esaltando, da un lato i valori di un consumismo sfrenato che, decantando un egoismo imperante, cancella profondi e fondamentali valori etici, ad iniziare dalla sacralità della vita, e  dall’altro realizzando un relativismo etico che non solo non porta da nessuna parte ma che di fatto sta avvelenando la società civile mettendola permanentemente in crisi e rendendola di conseguenza sempre più debole, incerta e vulnerabile. 

La critica pura e semplice, se non produce proposte operative che ci aiutano a superare le difficoltà evidenziate, lascia il tempo che trova. 

E se così è, ed è così, l’imperativo per noi è ritrovare l’unità: si, cari amici, io sono uno dei tanti che ritiene il ritorno all’unità dei cattolici essere la chiave che può contribuire finalmente a dare voce, forza, incidenza alla nostra testimonianza.

Se questo dell’unità non è un problema prioritario, anzi essenziale, allora qualcuno mi deve spiegare che senso avrebbe in ogni celebrazione eucaristica rivolgersi al Padre dicendogli “ di non guardare ai nostri peccati ma alla feda della tua santa chiesa,  donale unità e pace secondo la tua volontà…..”.

Non credo che debba ricordarvi che anche i cristiani impegnati in politica sono chiesa e che oggi anche in questo incontro, quando ci rivolgiamo a Dio Padre, noi siamo chiesa visto che Cristo Nostro Signore ci ha detto che ovunque due o più si riuniscono nel suo nome Egli è lì con loro. 

Vedete, debbo confessarvi che in tutti questi anni sono stato oggetto di continue pressioni affinché noi si assumesse, alle elezioni regionali in particolare, una autonoma iniziativa politica in rappresentanza dei cattolici e dei liberal democratici: non vi esplicito di quali lusinghe, corteggiamenti, proposte di cui siamo stati oggetto: nemmeno fossimo stati leggiadre fanciulle avremmo potuto avere tante proposte ed attenzioni, alcune delle quali a volte rasentavano l’oscenità politica.

Ebbene io mi sono assunto sempre la responsabilità di dare, con tutta la diplomazia possibile, una risposta negativa trincerandomi dietro la frase di rito: Grazie, ma abbiamo già dato.

Il problema, infatti, non era tanto quello di raccogliere un buon consenso nella nostra regione: visto la disponibilità di alcuni personaggi e di ex consiglieri regionali di scendere, come si suole dire in pista, in tutte quattro le province: ma, tutto ciò non sarebbe servito a niente poiché una iniziativa come questa avrebbe semplicemente contribuito ulteriormente a dividere il nostro mondo  rendendolo ancor più frantumato e debole.

Iniziative estemporanee, perciò, provocano solo ulteriori incomprensioni che inevitabilmente approfondiscono le divisioni: lacerazioni che assurgono poi a vere e proprie contrapposizioni permanenti che ci allontanano dall’obbiettivo unitario.

Essendo ormai evidente, per non dire lapalissiano, che la strada di ulteriori iniziative e frantumazioni sia un suicidio, se ne deduce che l’unica realistica possibilità di contribuire a ricostituire l’unita dei cattolici in politica è il lavorare sull’ esistente.

Lavorare, cioè,  all’interno dei singoli partiti per isolare i faziosi, unire le componenti moderate e riformiste, assumersi se necessario responsabilità di guida e di coordinamento per realizzare, così operando, una strategia complessiva in grado di far maturare le condizioni necessarie per una sintesi: sintesi che, su basi moderate e riformiste, veda cattolici e liberal democratici collaborare insieme in una casa comune avente, a livello europeo, come riferimento il PPE. 

È da questa atmosfera difficile e tormentata, offerta dal quadro politico nazionale, che nasce, perciò, l’esigenza di un confronto che,  pur provocando inevitabilmente incontri e scontri, rimetta in discussione ed quindi in movimento l’attuale quadro politico: è in questo contesto che emerge l’esigenza di dare una formazione di natura etica, tecnica, giuridica, amministrativa a tutti coloro che intendono avvicinarsi alla politica e cimentarsi su questo versante. 

In particolare il nostro invito è rivolto ai giovani: avvertiamo forte l’esigenza della loro presenza , della loro attiva partecipazione da sempre caratterizzata dall’entusiasmo e dalla determinazione;  non vi è dubbio alcuno che essi possono offrire la generosità di uno slancio ideale ad una iniziativa politica che tenda rilanciare non solo un nuovo ed unitario impegno dei cattolici, ma che tenda anche a restituire alla politica quella nobiltà di impegno ed il prestigio che gli sono propri.

E voglio dire agli scettici, e ce ne sono !, a coloro, cioè, che non credono possibile il realizzarsi di un ritorno all’unità dei cattolici che ciò non solo è possibile ma sarà inevitabile: arriverà il momento, ed arriverà molto prima di quanto si pensi,  in cui le contraddizioni di questo dualismo politico esploderanno e sarà giocoforza rimescolare tutte le carte per creare schieramenti omogenei.

D’altronde, se , come si ama dire, ai giovani deve essere lasciata la libertà di sbagliare, credo che a noi, molto meno giovani, debba essere lasciata almeno la libertà di sognare.

A dei veterani della politica con i capelli bianchi, quali noi siamo, che hanno pagato lacrime e sangue la loro testimonianza, nessuno può impedire di credere nella costruzione di un soggetto politico su cui cattolici e liberal democratici convergano unitariamente per sostenere i valori della democrazia, della libertà, della pace, della tolleranza, del pluralismo, della partecipazione, della cooperazione, del solidarismo .

Vogliamo sognare, anzi, vogliamo credere non essere lontano il tempo in cui una implosione del bipartitismo italiano (almeno per come oggi è composto) stante la forte e costante conflittualità esistente all’interno delle due schieramenti, sarà inevitabile ed aprirà nel paese interessanti nuovi scenari.

 In definitiva, quello che deve essere messo in atto è un processo di aggregazione delle componente cattoliche e liberal democratiche, sparse qua e là lungo il panorama politico nazionale, facendo aggio sulle cose che uniscono ed accantonando tutto ciò che divide. 

Dico questo anche tenendo conto del giudizio ultimamente espresso dal Cardinale Ruini che ha affermato essere finito il tentativo di mettere i cattolici d’accordo intorno ai valori: il che vuol dire, al di la delle furbe ed interessate interpretazioni sulla fine dell’unità dei cattolici, vuol dire che il sogno di vedere i cattolici testimoniare con coerenza i valori di cui sono portatori anche se sparpagliati, come oggi sono all’interno dei più variegati schieramenti politici è stata una utopia: si, una utopia poiché i condizionamenti di tenuta politica sono tali e tanti che oggettivamente ne hanno coartato e ne coartono la volontà.

Ecco perché ritengo  che proprio alla chiesa, e per chiesa non intendo solo il magistero ma l’intera comunità dei credenti, spetti il compito di insistere sulla necessità di pervenire all’unità politica dei cattolici come unica via per affermare con coerenza i nostri valori.

Questa iniziativa va, dunque, sollecitata e portata avanti senza timore riverenziale alcuno:  ricordo a tutti, infatti, che la nostra laicità, mai messa in discussione, ci ha sempre portato a tenere rigidamente separati il ruolo e l’autonomia nella scelte  operative da ogni ingerenze del magistero a cui abbiamo però sempre sollecitato e richiesto il giudizio morale sul nostro agire. 

E’ chiaro, cari amici, che sul mio modo di pensare e di agire fa aggio la mia appartenenza, per mezzo secolo, alla Democrazia Cristiana.

Capisco anche che questo partito, che nel dopo guerra è stato per mezzo secolo il fulcro della nostra democrazia, può ancora oggi fa venire gli incubi ai avversari di ieri, per la verità molti dei quali mimetizzati od addirittura compagni di viaggio di oggi: ciò che è certo che i comunisti di ieri, sono rimasti in larga parte comunisti comunque si  siano mimetizzati: è restata in loro, ma non solo in loro per la verità, una sostanziale avversione verso gli avversari di ieri compresi quelli che sono attualmente loro compagni di viaggio.

Tanto è vero questo che non appena ci vedono emergere un attimo sono tanti quelli che dicono: rieccoli!  sono ritornati.

Per la verità, come qualcuno ebbe già a ribadire, noi non ce ne eravamo mai andati.

D’altronde occorre anche capire la loro meraviglia avendo, per la verità, tentato di farci fuori in tutti i modi.

Purtroppo per loro, pur avendoci tenuto in scacco o in parcheggio per una decina di anni, non ci sono riusciti!

E non sapendo in quale altra occasione mi sarà consentito il farlo, oggi voglio approfittare di questa occasione per rivendicare per me e per tanti di voi l’orgoglio di quella appartenenza che non solo non rinnegherò mai, ma di cui sono così fiero: tanto fiero da affermare che, pur sapendo quello che dovrei nuovamente  subire, rifarei le stesse cose che ho fatto per sostenere una battaglia che ha contribuito a garantire al nostro paese 50 anni di libertà, di pace e di sviluppo.

A coloro che se lo sono dimenticato, troppo in fretta, giova forse ricordare che grazie alla presenza del partito dei cattolici il nostro paese non fece la fine di paese dell’est: di quei paesi che ancor oggi, a più di 15 anni dalla caduta dei regimi comunisti, piangono il terrore del sistema e faticano a riprendersi per assicurare alle loro comunità una minimo di dignità e di sviluppo economico.

A coloro che sono giovani e non ricordano ne la guerra ne il dopo guerra, che non hanno davanti ai loro occhi l’immagine delle nostre donne vestite di nero perché ogni famiglia piangeva un padre, od un figlio, od un fratello morto in guerra;  ai giovani che non hanno davanti agli occhi il ricordo delle macerie dei ponti distrutti delle strade e ferrovie inagibili, delle cartelle scolastiche fatte con le cassette delle munizioni gettate dagli alleati, delle tessere per il pane, del mercato nero e così via; ai giovani ricordo che fu un partito il partito dei cattolici, la democrazia cristiana, guidata da quel grande statista che fu, Alcide De Gasperi, che si fece carico dei lutti e delle rovine di un paese distrutto economicamente e moralmente e lo guidò nelle scelte fondamentali di politica estera: la scelta occidentale ed atlantica, la scelta Europeista; lo guidò sulla via delle riforme ( la riforma agraria, la riforma tributaria, la riforma assistenziale, il diritto alla scuola , il sistema pensionistico); lo guidò sulla via dello sviluppo: un paese privo di materie prime e fonti di energia diviene il sesto paese industriale del mondo.

Fu quel partito la DC che ha  garantito per la prima volta agli italiani (abituati ogni tre anni ad andare in guerra ) cinquanta anni di pace .

Fu la DC con suoi lider, De Gasperi, Fanfani, Moro,  Andreotti, De Mita, Forlani e tanti altri ad  identificare la propria storia con la storia del paese, garantendogli democrazia, libertà e pace, sconfiggendo il terrorismo delle brigate rosse, contribuendo al fallimento dell’utopia comunista concretizzatasi con la caduta del muro di Berlino. 

Poi la bufera giustizialista e la storia recente che tutti conoscete . 

Ebbene io sono fiero come cattolico di quella appartenenza e ringrazio Dio di avermi permesso di partecipare in prima persona a questa epopea. Una partecipazione non solo ideale ma operativa  e rilevante in ruoli di primaria responsabilità a cui fui chiamato grazie al sostegno ed al consenso dei cittadini. 

Mi chiedo perciò come sia possibile, per chi ha vissuto con me, o come me, quella esperienza, stare oggi insieme a coloro che sul piano etico hanno concezioni alternative alla nostre, come dimostra il recente passato (si pensi al divorzio ed all’aborto); posizioni tutt’oggi confermate sol che si pensi al tentativo di legalizzare l’uso della droga, di legalizzare l’eutanasia, di legalizzare una ricerca scientifica senza vincoli etici.         

Si badi bene che chi l’ha fatto deve essere rispettato perché le scelte fatte in buona fede sono tutte rispettabili; ciò non significa, però, che non possano o non debbano essere criticate da chi non le condivide.

Vedete, io penso che alcune collaborazioni potrebbero essere anche ipotizzabili ma ad una condizione: che vi sia un partito dei cattolici così forte e rappresentativo da non poter essere mai condizionato sulle scelte moralmente irrinunciabili. Oggi questa condizione è del tutto inesistente.

Ciò che invece attualmente dobbiamo registrare è il fortissimo disagio che si evince  a sinistra, e, periodicamente, le situazioni imbarazzanti nel centro destra: il che impone ai cattolici una seria riflessione su come esercitare un efficace  ruolo di presenza e di testimonianza in politica.

Di questi contrasti , disagi, o fibrillazioni che dir si voglia mi si permetta di citare un solo esempio che mi auguro,  vista la sua oggettività.  non tocchi la sensibilità di nessuno

C’è qualcuno che riesce a spiegarmi come sia possibile che un ex presidente della Repubblica come Ciampi, che tutti ricordano nell’atto di chinarsi, profondamente scosso e commosso, sulle bare dei caduti a Nassiria, sulle bare, cioè, di questi nostri fratelli in armi che hanno dato la vita per portare un sollievo ed assistenza alla popolazione irachena, come fa il senatore a vita Ciampi a votare poi insieme a Diliberto e compagni?: come è possibile, in buona sostanza, a collaborare con chi in questi giorni ha coperto di insulti la memoria di questi umili servitori dello stato,  questi silenziosi eroi, , dileggiandoli con dei fantocci a cui hanno dato fuoco?

Io sarò culturalmente limitato, sarò forse un emotivo ed un sentimentale,  ma credetemi: proprio non  riesco a capire! 

Per concludere su tutti questi aspetti, a me pare essere doveroso sottolineare ancora una volta che la testimonianza sulla verità storica afferente l’esperienza  ed il contributo dato dai cattolici nella prima repubblica sono stati il vero filo conduttore dell’attività svolta in questi quattro anni dall’associazione 

Cari amici,

le cose che desideravo dirvi sono così tante che avremmo dovuto stare insieme non un’ora ma una intera giornata: mi rendo conto, però, come, dice  un vecchio proverbio che il discordo è bello quando è corto: termino  quindi con un saluto ed un auguro. 

Un saluto:

Cinque anni fa, a casa di Antonio Mastri, un gruppetto di amici che avevo contattato mi seguirono nell’idea di dare vita ad Europa III Millennio con l’obbiettivo di sollecitare nuovamente l’impegno dei molti cattolici e liberal democratici demotivati, defilati e scandalizzati dalla valanga di un giustizionalismo mirato e strumentale: giustizialismo che li aveva sostanzialmente spazzati via dalla scena politica attraverso un vero e proprio azzeramento della loro presenza; in sostanza, per via giudiziaria, si era assistito alla eliminazione di quella che era stata per mezzo secolo la loro casa comune: la Democrazia Cristiana,

Tutto ciò aveva fatto registrare che le restanti limitate energie,sopravissute a questa vera e propria epurazione, si erano inevitabilmente disperse e diluite all’interno di  vari raggruppamenti politici.

Ed il fenomeno eclatante e grave che ne derivò fu l’apertura, all’interno del mondo cattolico, di una diaspora sfociata in un antagonismo tale che tanti, troppi vecchi amici ex DC, non si rivolgevano più nemmeno la parola tra loro.

Noi, eravamo convinti, invece, (oggi, poi, lo siamo ancor più per tutte le ragioni, così spesso evidenziate nei nostri incontri), che questo dualismo politico, artificioso ed innaturale, era destinato ad implodere : e  che sarà quella  l’occasione data ai cattolici di ritrovarsi per dare vita ad un nuovo raggruppamento unitario che io mi auguro che veda nel PPE europeo la casa comune.

Io non ho dubbi al riguardo in quanto convinto che la coerenza e la logica delle cose avranno, prima o poi, il sopravvento sul particolarismo, sul qualunquismo, sulle piccole rendite di posizione.

Sono talmente convinto, cari amici, essere noi ormai alla vigilia di questi accadimenti tanto che nel nostro piccolo abbiamo sempre operato attraverso una paziente opera di tessitura delle relazioni interpersonali capace di:

-         ricreare un minimo rapporto di cordialità tra diversi

-         sensibilizzando il ritorno all’impegno di coloro che si erano allontanati,

-         scoprire e valorizzare nuove energie.

E se da un lato siamo soddisfatti del lavoro compiuto, dall’altro abbiamo coscienza del tanto che occorre ancora fare per favorire una vera e ritrovata sintesi nel mondo cattolico e tra il mondo cattolico e le esperienze liberal democratiche: unica prospettiva, questa,  per dare, tra l’altro, una rappresentanza credibile ed autorevole alle nostre istanze nazionali in Europa.

Ed allora occorre che nuove energie si misurino su tale versante: ed è questa una delle ragioni che  hanno motivato la mia scelta di dimettermi. Occorre stimolare, anzi costringere gli amici ad assumersi la piena responsabilità di proseguire su questa strada.

Sono anni di proficuo lavoro quelli che ci lasciamo alle spalle: ed io, se da un lato desidero esprimere al direttivo tutto un ringraziamento sincero per la collaborazione e l’impegno profuso, dall’altro voglio manifestare a voi tutti, la mia profonda riconoscenza per la costante partecipazione alle nostre iniziative.

Una presenza, una partecipazione, un calore umano sempre crescente che hanno rafforzato i sentimenti di stima ed amicizia profonda tra di noi ed esaltato il nostro comune sentire. 

Ed un augurio si diceva;

Questa sede e questo incontro di fine anno sono stati sempre l’occasione propizia per scambiarci gli auguri per la festività natalizie: ebbene per me, oggi, l’occasione si veste di un particolare significato, visto che solo una decina  di giorni fa, mi trovavo in Istraele ed in Palestina dove ho ripercorso

le tappe più significative della vita terrena del nostro Salvatore Gesù Cristo. Ebbene, in quella terra santa, bagnata e benedetta dal Suo sangue, avrebbe dovuto regnare sovrani sentimenti di pace, di fraternità e di amore.

Purtroppo, così non è: in quella terra santa, non c’è la pace ma la guerra; quella terra santa è solcata dal sangue degli israeliani e dei palestinesi che vivono, i primi nel terrore ed i secondi nell’incubo di vedere cancellata la propria identità e sopravvivenza.

Mi sono chiesto, in quella circostanza, se per difendere la pace, per alimentare i sentimenti di concordia, più che marciare, più che lo sventolio di bandiere al vento,  non sia invece opportuno, anzi necessario che i credenti preghino di più, operino di più, promuovano gesti di vera e concreta solidarietà con iniziative assistenziali come quelle che ho avuto l’opportunità di visitare nell’occasione:  un ospedale per bambini, ed un oratorio musicale “ilMagnificat”.
Istituzioni queste, volute e sostenute da associazioni cristiane e dai padri francescani custodi della terra santa, la cui attività rischia di essere soffocata per le gravi difficoltà di natura finanziaria in cui si dibattono,

Amici miei, è lì, nei volti dei bambini sofferenti, nei volti dei piccoli studenti della scuola cantorum, nei volti smagriti dei pochi cristiani esistenti che rischiano ormai la sopravivenza, è lì che noi abbiamo incontrato il volto di Cristo.

Si, Cristo era a fianco di ognuno dei quei bambini sofferenti, Lui che cammina accanto ad ogni vivente condividendone la vicenda umana.

Questa certezza non ci deve mai abbandonare: Cristo, nostro Signore, è il nostro compagno di viaggio e quando ci sentiamo smarriti e stanchi, più che guardare solo in alto per sperare in Lui,  è sufficiente allungare la propria mano per incontrare la Sua.

Ecco, questi sono i sentimenti con cui desidero  augurare a Voi, ai Vostri familiari, a vostri amici un Santo Natale ed un felice anno nuovo.

Leave a Reply

You must be logged in to post a comment.